Sbilanciamoci

Ecco perché il PNRR di Draghi così non va

Incominciamo dalle parole. Nel PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza–  di Draghi la parola concorrenza compare 42 volte, competizione 79 mentre diseguaglianze 7 e diritti 18. E già questo ci dice qualcosa. Se mettiamo insieme competizione, concorrenza e impresa (257) hanno più del doppio di citazioni (378) di quelle del lavoro (179) che pure sta sulla bocca di tutti come la cosa più importante. Ora, non si tratta di mettersi a fare il campionato delle citazioni, ma l’enfasi sulle parole ha sempre qualcosa a che fare con il senso di un discorso, il suo indirizzo, le finalità cui soggiace. Il lessico ha la sua importanza. Così nel piano di Draghi le diseguaglianze scolorano nelle pari opportunità, i diritti nell’accessibilità ai servizi mentre la ricerca scientifica acquista la sua importanza se va verso l’impresa (e non per esempio verso il benessere dei cittadini).

L’impianto di Draghi è sostanzialmente tecnocratico e liberista, pur contenendo diverse cose importanti: le misure per la transizione ecologica, quelle per la medicina territoriale, per l’inclusione sociale e la scuola e altro ancora. Ci sono alcune riforme previste (nel segno della sacrosanta efficienza del sistema), ma non quelle che potrebbero dare il senso di un cambiamento sociale e più giusto del paese: la riforma del fisco (che sta nel calderone generico delle “varie ed eventuali”), del mercato del lavoro (invertendo la rotta del precariato verso i diritti), della sanità pubblica ricostruendo le basi del Servizio sanitario nazionale, dell’introduzione dei Livelli essenziali di assistenza, già previsti da 20 anni e mai realizzati. Non c’è il coraggio di dire qualche parola in più sulla prospettiva e gli strumenti dell’intervento pubblico in economia. Nel piano manca la politica industriale (altra riforma che non c’è): non sono evidenziate le sedi, gli strumenti, i poteri di indirizzo, di stimolo e di monitoraggio delle scelte per il nostro sistema produttivo.

Le imprese continuano ad essere le più importanti beneficiarie dei fondi pubblici (come è stato nel 2020 con i vari decreti d’emergenza): quasi 50miliardi di euro del piano, mentre alle politiche per il lavoro vanno solo 6,6 miliardi. Di diseguaglianze non si parla e soprattutto manca una strategia su come affrontarle: il discorso è sempre lo stesso, con la crescita si risolverà tutto. Ricetta falsa: non è così e non è stato così in questi anni. Sulle diseguaglianze sanitarie si dice poco o niente su come affrontarle (non si affronta il tema della divaricazione dei sistemi sanitari regionali) e così quasi nulla (briciole) sul digital divide che incombe su gran parte del paese.

Per l’ambiente le cose potrebbero andare meglio, certamente. Anche se le associazioni ambientaliste hanno espresso già le loro critiche. Ma ci si consenta qualche dubbio sul rapporto costi-benefici di un provvedimento come quello del bonus 110% su cui anche l’UpB ha sollevato qualche dubbio: un provvedimento (che implica tante risorse) di cui non usufruiscono né i poveri né i ceti medio-bassi e il cui effetto sull’abbattimento delle emissioni è molto sovrastimato, mentre lo spazio per incentivi fiscali sull’ecoefficienza è molto più ampio e molto più diffuso. Scompaiono quasi del tutto gli incentivi per la rigenerazione energetica degli edifici pubblici e rimangono solo quelli per i privati. Tutta questa enfasi per l’investimento sull’idrogeno (più di 3 miliardi) suscita qualche interrogativo, anche perché è un vettore energetico più che una rinnovabile. E soprattutto uno di interrogativi: se tra le varie disposizioni non si nasconda anche l’aiuto dello sviluppo dell’idrogeno blu (cioè dal gas), su cui sta puntando l’ENI. Inoltre, non ci sono impegni per il superamento dei Sussidi ambientalmente dannosi (SAD) di cui usufruiscono in gran parte le imprese.Ulteriori semplificazioni vengono previste per la procedura VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) e codice appalti: più che meno burocrazia questo significa più deregulation. Qualcosa di cui sarà felice il ministro Cingolani, ex responsabile dell’innovazione per Leonardo: aumentano enormemente i fondi (quasi un miliardo di euro) per le infrastrutture satellitari: ne sarà contento l’AD Profumo.

Molti dubbi anche sulla governance (sulla cabina di regia si rimanda ad un successivo provvedimento) e il monitoraggio previsto per il piano. A tale riguardo colpisce che tutto si riduca -per il monitoraggio- all’uso di software più o meno sofisticati per valutare lo stato di avanzamento e la rispondenza agli obiettivi fissati. Prevale, in questa deriva tecnocratica, il modello McKinsey con matrici, indicatori, ecc. e scompare completamente la dinamica della componente sociale, partecipativa e democratica della valutazione delle scelte fatte. D’altra parte è la stessa impostazione che si è seguita anche nella fase preparatoria del piano.

Si doveva fare diversamente. Un piano con molte cose utili (ma anche diverse sbagliate) in una cornice liberista, sempre la stessa, sbagliata e fallimentare, senza il coraggio di affrontare i nodi di una economia diversa fondata sul cambiamento radicale del modello di sviluppo che ci sta portando alla rovina. Senza mai metterlo in discussione: nemmeno nel piano di Draghi.

  • Giulio Marcon

    Portavoce della campagna Sbilanciamoci!, è stato negli anni '90 portavoce dell'Associazione per la pace e Presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà. È stato deputato indipendente di SEL nella XVII legislatura, facendo parte della Commissione Bilancio. Tra i suoi libri: (con Giuliano Battiston), La sinistra che verrà (minimum fax 2018) e (con Mario Pianta), Sbilanciamo l'economia (Laterza 2013)

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    “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Secondo episodio: La guerra non è popolare. L’Europa si riarma con 800 miliardi. In questi anni aveva già raddoppiato la propria quota di spese militarti, soprattutto comprando dagli Stati Uniti. Lo faremo di più, visto che Trump disinvestirà dalla Nato e dall’Europa. E’ la “fine delle illusioni”, come dice Von der Leyen, di essere garantiti dalla pace, perché d’ora in poi bisognerà usare la forza. E intanto si educa la popolazione con manuali che dicono: “In caso di guerra…”. La propaganda è altissima perché non c’è nulla di più antipopolare e antidemocratico della guerra e la militarizzazione d’Europa è tutta sulle spalle dei suoi cittadini. Con Michele Paschetto di EMERGENCY vi racconteremo come in Afghanistan in più di venti anni di guerre le cure abbiamo svolto un ruolo straordinario di mediatore. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    Ho detto R1PUD1A di Claudio Jampaglia e Giuseppe Mazza per EMERGENCY “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Primo episodio: Le parole sono importanti. In questa prima puntata di “Ho detto R1PUD1A” Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia spiegano cosa significa la parola “ripudia” nella Costituzione italiana e perché è stata scelta per rappresentare il “mai più” alla guerra del popolo italiano dopo la Liberazione. Non siamo i soli ad avere fissato questo principio nelle nostre leggi. La guerra però sta tornando una prospettiva concreta, almeno secondo la maggior parte dei governi, che si riarmano, Italia compresa. Con Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY, vi racconteremo poi l’esempio del Sudan, il Paese dove la guerra ha già causato in questi due anni oltre tre milioni di profughi. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    La Pillola va giù di domenica 20/04/2025

    Una trasmissione settimanale  a cura di Anaïs Poirot-Gorse con in regia Nicola Mogno. Una trasmissione nata su Shareradio, webradio metropolitana milanese che cerca di ridare un spazio di parola a tutti i ragazzi dei centri di aggregazione giovanili di Milano con cui svolgiamo regolarmente laboratori radiofonici.

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    C'è Di Buono: Max Casacci racconta Eartphonia III: Through the grapevine

    Anche in questa puntata parliamo di qualcosa che ha a che fare con la cultura enogastronomica, ma anche, molto, con la musica. Per la prima volta il caro Max Casacci (già colonna dei Subsonica) è stato ospite di un nostro programma non prettamente musicale, per raccontare il terzo episodio del suo progetto "Eartphonia", che lo ha portato in Franciacorta per "Through the grapevine", realizzato con i suoni del vino; suoni e rumori catturati nelle cantine dell'azienda vitivinicola Bersi Serlini Franciacorta. A cura di Niccolò Vecchia

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