Vista da qui

Per un racconto a più voci

“Vista da qui” sarà uno spazio di riflessione aperta e posizionata. Aperta perché è una chiamata al ragionamento collettivo, proprio delle nostre discipline di provenienza. Posizionata perché dipende dalla nostra prospettiva geografica, politica, esistenziale.

Scriveremo da Napoli (Pietro) e da Catania (Emilio), con gli strumenti delle scienze sociali e con il nostro bagaglio misto di ricerca e di attivismo. Ed è da qui, da due città, due città del Sud, che questo blog vuole partire.

Scegliere di venire ad abitare in Sud Italia è stata per entrambi una svolta culturale. L’immaginario sul Sud costituisce un incredibile guazzabuglio di luoghi comuni: un luogo che non cambia; una zona sottosviluppata; un popolo fannullone; un paradiso turistico ma un inferno sociale. Tutti questi stereotipi si sbriciolano al primo incontro reale. Allora, queste semplificazioni possono essere prese e ribaltate, decostruite e risignificate in una pratica che restituisce complessità a questa terra così eterogenea e diversa.

Noi, con questo blog, scegliamo di fare un viaggio in territori a noi per lo più ignoti. Cercheremo di guardare con occhi nuovi, di conservare quella curiosità onesta che permette di uscire da letture pre-confezionate. Tenteremo di restituire profondità e complessità ad una terra tanto vasta e plurale, abbandonando da subito la pretesa di raccontare il Sud con la S maiuscola. Ci prefiggiamo un compito minore, più lento e circoscritto, ossia quello di andare oltre le grandi astrazioni per riappropriarci invece di un sud plurale e incoerente. Per fare ciò, ripartiremo da sguardi, frammenti e biografie, con un metodo: la coralità.

Questo blog, allora, sarà scritto a quattro mani ma non conterrà solo due voci: si avvarrà delle storie, delle esperienze e dei vissuti delle persone che incontreremo. Infatti, (ri)trovarsi a Sud vuol dire anche e soprattutto confrontarsi e anche scontrarsi con simboli, tradizioni, valori, riti poco o mal conosciuti. Diventa necessario allora che la riflessione si faccia collettiva per provare ad intercettare le realtà e i racconti che ci restituiscono un pezzo di sud, la pluralità dei suoi volti, le sue mille sfaccettature. Per provare a capire l’Italia e il Mediterraneo con lo strumento dell’inchiesta sociale, attraverso l’esperienza sul campo, in rapporto con le pratiche locali.

Allora, la marginalizzazione che avviene tanto nel tessuto urbano quanto nelle campagne italiane o in mezzo al mare, nonché le mobilitazioni e le lotte con cui i soggetti marginalizzati si spingono oltre i confini del consentito, saranno al centro dell’indagine. Perchè posare lo sguardo sul sud vuole dire anche fare una scelta di campo, una scelta politica. Raccontare i sud italiani oggi – nonché le linee che lo attraversano – vuol dire avventurarsi nella crisi sociale, economica e climatica del neoliberismo; e vuol dire farlo a partire dalle storie di chi spesso è considerato «troppo lento, fuori tempo, fuori, forse pure fuorilegge», come direbbe Eugenio Bennato, cantore del Sud, del Mediterraneo, voce di una storia spesso esclusa dalla modernità – che merita di essere raccontata.

  • Emilio Caja e Pietro Savastio

    Emilio Caja e Pietro Savastio sono ricercatori indipendenti e collaborano con varie riviste, enti di ricerca e università. Sono stati e continuano ad essere partecipi di diverse esperienze di attivismo politico e sociale. Emilio lavora all'università e ha un piede sotto l’Etna, Pietro lavora nella scuola e ha due piedi sotto il Vesuvio: “da qui” è la prospettiva del Sud da cui guardano al mondo, dopo essere stati a spasso per l’Europa del Nord a studiare e formarsi.

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