Non è questione di polemica politica, è questione di numeri, di dati di realtà.
E i numeri dicono che anche questa volta non sta andando tutto bene, che la campagna vaccinale in Italia sta mancando gli obiettivi.
Anzi uno l’ha già mancato: quello delle 300 mila dosi al giorno.
Doveva essere raggiunto entro fine marzo, invece così non è stato e anche la settimana successiva – quella fra il 3 e il 9 aprile – la media quotidiana di somministrazioni è stata di 237 mila, cioè oltre il 20 per cento in meno.
Basta vedere i grafici per capire cosa succede: si vaccina bene il mercoledì e il giovedì, si scende il venerdì, si sprofonda nei week end, si riparte un po’ il lunedì e si raggiunge di nuovo numeri buoni il mercoledì dopo.
Si procede “a salto di rana”, come ha detto alla nostra radio il docente del Politecnico Davide Manca
I dati sono ancora più inquietanti se si guarda agli anziani.
Il report appena rilasciato dal governo dice che il 32 per cento degli over 80 non ha ancora ricevuto nemmeno la prima dose, cifra che supera l’80 per cento nei cittadini tra i 70 e gli 80 anni
I vaccini ci sono, ha detto in conferenza stampa Draghi, e anche i centri vaccinali ci sono. Il collo di bottiglia è creato da altri fattori, come la carenza di personale sanitario.
Sono pochissimi i centri vaccinali aperti di notte, quasi tutti chiudono invece tra le 18 e le 19, e nei fine settimana si vaccina molto meno per i turni di riposo. In Lombardia il centro più efficiente, il Niguarda, deve chiudere alle 14 sia il sabato sia la domenica.
Non si tratta ovviamente di far lavorare 24 ore al giorno medici e infermieri che già fanno turni lunghissimi, si tratta di chiamarne – pagandoli tanto – molti, molti di più.
Medici di base, in pensione, farmacisti, dentisti, specializzandi, personale delle cliniche private e ogni altro operatore possibile che legalmente può somministrare le dosi. Con l’obiettivo di tenere tutti i centri vaccinali sempre aperti e sempre a massimo regime.
Non sta andando tutto bene, il governo lo sa e striglia le regioni, Draghi minaccia di legare le riaperture al numero di vaccini, Figliuolo emette ordinanze nella notte, Speranza fa capire che le regioni troppo in ritardo potrebbero essere commissariate
Tutti segni di nervosismo, un nervosismo giustificato ma che potrebbe e dovrebbe essere superato da decisioni forti centralizzate: non vogliamo sentire, tra un mese, che non ce l’abbiamo fatta e che la colpa viene rimpallata, con il solito scaricabarile, tra regioni e governo.