A molti di noi spesso capita di essere ingiustamente attaccati, insultati, con chili e chili di cattiverie e odio rovesciati sulle nostre spalle dal quinto piano. E quasi sempre non lo meritiamo. Nessuno lo merita. Può capitare sul lavoro, nel traffico, mentre ci stiamo rilassando. A volte la violenza verbale, o peggio fisica, arriva dalle cosiddette persone che ci “amano”, all’interno del nucleo famigliare. Magari l’insulto, il ceffone, quella dolorosa violenza figlia di parole taglienti come lame o brutali come bombe, arriva da nostra madre, nostro figlio, nostro marito o nostra moglie. Alla fine il contesto conta poco, quello che conta è il dolore che certe parole causano in chi le riceve.
Sono ferite invisibili, che fuori non vedi ma dentro bruciano e fanno tanto male, ma così tanto che molte delle cose che bruciano poi non crescono più.
Momenti in cui ci viene da dare ragione agli Slipknot quando cantano “People=Shit”. Anzi ora la metto a tutto volume che può essere catartica.
Ma non é vero. Le persone non sono merda. Semplicemente a volte vengono attraversate dalla merda, che fa una bella differenza. Quindi é molto meglio “Don’t look back in anger” come titola sublime canzone dei fratelli Gallagher quando si volevano ancora bene.
Dopo anni di pratica buddhista, osservando tanto i miei comportamenti quanto quelli degli altri, ho capito che chi ti insulta, probabilmente sta soffrendo più di te, e con quelle urla sta cercando di sfogare frustrazioni e paure che lo stanno mangiando.
Quasi sempre chi insulta, offende, alza la voce e ferisce con le parole, é una persona che soffre. Se stai bene difficilmente senti la necessità di aggredire e mortificare un altro essere umano.
Se stai bene tendenzialmente condividi, e non offendi il tuo prossimo.
Se stai male fai l’esatto contrario.
Quindi quelli che ti insultano nove su dieci stanno soffrendo più di te. Certo questo non li giustifica ma…
Una volta il Buddha venne avvicinato da un uomo che cominciò a insultarlo e poi gli sputó sul viso. Davanti ai suoi discepoli infuriati, il Buddha rimase silenzioso e tranquillo.
Appena l’uomo se ne andò, uno dei discepoli chiese al Sublime perché non avesse reagito nei confronti di quell’immotivata aggressione.
“Se io ti regalo un cavallo e tu non lo accetti, di chi è il cavallo?” rispose il Buddha sorridendo.
“Se io non lo accettassi, il cavallo continuerebbe ad essere vostro, maestro” rispose il discepolo.
Sebbene alcune persone decidano di perdere il loro tempo insultando, noi possiamo scegliere di accettare tali parole o meno, proprio come faremmo con un regalo qualsiasi.
“Non accettare le parole di odio, rifiutale. Solo in questo modo colui che ti odia rimarrà con l’insulto tra le mani. Non puoi dare la colpa a chi ti offende e ti fa male, perché è tua la decisione di accettare le sue parole invece di lasciarle sulle stesse labbra da cui sono uscite” concluse il Buddha.)
È innegabile che reagire così a chi ti sta ingiustamente insultando non é affatto semplice, soprattutto quando certe parole uno non se le merita affatto. Eppure é l’unico approccio funzionale, che va dritto al cuore del problema. Alla fine non reagire e lasciare che quelle parole marciscano nella bocca di chi le ha pronunciate, lontano da noi, é l’unica azione sensata che ci resta…