Oppenheimer: un successo. Perché? Nolan pone la nascita dell’atomica nel mito: senza i legami della vita con le eterne vicende dell’animo umano e dei rapporti di esso con l’altro da noi, il cielo, la storia delle storie brancoliamo nel buio, ci catturano presentismo e micragnosità: è il caos. Prometeo è il mito di Nolan: ruba il fuoco agli dei e lo dà agli uomini, i quali devono scegliere: sapere e eros al servizio di vita e bene comune o mezzo per annientare gli altri, se stessi, la terra. L’atomica, realtà e grande metafora. Il film bellissimo (tre ore e non te n’accorgi) racconta il controverso padre dell’atomica, i rapporti scienza/politica (interna e geo), lo spaesamento d’un’umanità che ha perso l’innocenza a Hiroshima e Nagasaki: con la tragedia nucleare credeva d’aver toccato il fondo, chiuso con le guerre. Il fuoco usato invece per seminare morte è rimasto tra braci in apparenza controllabili (guerre a bassa intensità!) e conflitti agiti sino all’invasione russa: guerra tradizionale, con minaccia nucleare annessa. Nolan vola alto, pone domande e dai livelli a cui eleva spiattella la contraddizione: rispondere al bisogno di pensare in grande, recuperare idealità e immaginazione, miti di rigenerazioni, riscatti perché in gioco v’è l’esistenza di uomo e pianeta (clima, povertà, ingiustizie, discriminazioni, relazioni incattivite); o affogare nella palude. Sulla scia di Oppenheimer credo vi sia un’Italia del fuoco, un po’ prometeica, con un’etica pubblica per sanità, scuola, migranti, giustizia sociale, rapporti (Brics, Africa, Europa che cerchi pace non solo armi) oltre a quella che Tele Meloni presenta come realtà, invece è di cartone (spot di Santanché; poveri che mangiano meglio dei ricchi: il cognato), inconcludente (promesse senza soldi né classe dirigente credibile), un po’ odiosa (Cutro, Comuni a pagare imprevidenze di Roma), spocchiosa (riflettori sui viaggi di Meloni come fosse Colombo), brava nell’incolpare altri (Bruxelles, governi precedenti) di pochezze proprie. Ha scritto Alda Merini: «Ogni mattina il mio stelo vorrebbe levarsi nel vento»; vento, spirito, libertà, parenti stretti del fuoco: tutti figli del sogno. Miti e poesia sono semi di un’Italia possibile.
Nostalgia del fuoco
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Marco Garzonio
Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.