Mia cara Olympe

Molestie nel mondo della pubblicità: se ne parlano gli uomini…

Chi ascolta Radio popolare ne ha sentito parlare, chi sta sui social probabilmente pure. Il tema sono le molestie, l’ambiente è quello della pubblicità e, in particolare, di una grande agenzia milanese nella quale per diverso tempo è andata avanti una chat, partecipi tutti i maschi eccettuati i tre capi, che non saprei neanche come definire, visto l’abisso di misoginia, sessismo, violenza che colà si esprimeva contro le colleghe. Chi nulla sapesse della vicenda di qualche anno fa e che riguarda anche le molestie subite da una giovane donna ad opera di un potente e cinquantenne direttore creativo sappia che è stata riscoperchiata da un’intervista di Monica Rossi – pseudonimo che cela un bravo intervistatore che si muove nell’ambito letterario e della comunicazione  – a un altro creativo, Massimo Guastini, e da donne che hanno subito  molestie e che ora, attraverso i loro profili Instagram come Tania L., ne stanno parlando. Una sorta di #metoo del mondo della pubblicità, come titola questo articolo de La Svolta che riassume tutti i passaggi di questa storia. Storia che contiene insieme una novità, lo ha opportunamente segnalato Giovanna Cosenza a Radio popolare, e un rischio: mi perdonerà chi legge se parlarne richiederà un bel po’ di righe.

La novità innanzitutto: stavolta, accanto alla denuncia  delle donne – racconto faticoso, sofferto, talvolta lungamente rimandato per la difficoltà e i rischi, anche professionali, che comporta – c’è la testimonianza diretta di un uomo, anche lui intervistato da Rossi, che è stato partecipe di quella chat e spiega i meccanismi del gruppo maschile, l’omertà reciproca, le dinamiche tossiche di potere che si creano anche tra uomini: in fondo se ci scrive il capo del tuo team, su quella chat, che sarà mai di così grave? E poi, rifiutarsi, come si fa: sei l’ultimo arrivato, non hai che da imparare, ti tiri indietro?
È importante che gli uomini prendano parola – per completezza va detto che è intervenuto nel dibattito social anche uno dei capi dell’agenzia che ha spiegato cosa hanno fatto quando sono venuti a conoscenza della chat, troppo poco secondo molte donne che gli hanno risposto -: quante volte abbiamo detto che la violenza maschile, nelle sue tante declinazioni, è un problema degli uomini? È importante dunque questa assunzione di responsabilità e indica agli altri uomini una strada possibile: quella della consapevolezza  della cultura patriarcale e misogina in cui siamo immersi e della possibilità di creare ambienti di lavoro e di relazione che non siano tossici, in cui non siano solo campagne pubblicitarie brillanti quelle che inneggiano alla diversità e all’inclusione…

E veniamo al rischio: il rischio è che una storia così a tinte forti – c’è il numero dei maschi coinvolti, circa 80, ci sono i sordidi particolari e i disgustosi commenti, ci sono i nomi – venga considerata in qualche modo un unicum, così estrema da non poter essere  considerata paradigmatica. E si torna insomma alla mela marcia nel cesto delle buone, si torna all’eccezione, si torna al riduzionismo. No, non è così, lo sa qualunque donna abbia attraversato e attraversi i contesti di lavoro, diciamolo, anche quelli considerati democratici e progressisti. Non è così e ricordo un’intervista fatta anni fa alla capa delle risorse umane di una multinazionale, donna di potere e di denari: per cercare di aggredire il moloch del sessismo in azienda – dal colloquio di assunzione alla routine quotidiana – aveva organizzato dei gruppi con i capi dei team in cui fare delle simulazioni dei passaggi aziendali, immaginando che al posto della biondina sconosciuta ci fosse la propria figlia. Aveva funzionato, mi raccontò soddisfatta.

Chiara Volpato, psicologa sociale dell’università Bicocca di Milano, è la curatrice dell’indagine confluita ora nel libro colletaneo ‘Raccontare le molestie sessuali’ edito da Rosenberg & Sellier: ‘Una piccola indagine empirica sulle molestie subite nei percorsi che portano all’università si è trasformata in un viaggio nella miseria relazionale e culturale che sottende il nostro vivere comune’, scrive efficacemente. Nel libro ci sono i dati che dimostrano come le molestie siano per le donne, sotto ogni cielo e in ogni ambito – dalla strada all’ufficio – un’esperienza pervasiva che produce una gamma ampia di effetti negativi sulla salute fisica e psicologica e sui comportamenti di chi le subisce, ci sono le letture – sesso, potere, minaccia dell’identità maschile – del fenomeno, ci sono gli esiti e le testimonianze dell’indagine condotta nel 2021 in ateneo e sollecitata –  cosa bella – da studentesse e studenti. A un questionario anonimo di 30 domande sulle molestie di strada ha risposto un campione di 2764 persone, prevalentemente donne e studentesse tra i 18 e i 25 anni. Il 91% del campione  – avete letto bene, 91% – ha dichiarato di avere subito  almeno una molestia, più spesso ripetute molestie di differente livello di gravità, negli ultimi quattro anni: sul treno o sul tram, per strada, alle fermate dell’autobus, al parco. Solo il 7% delle donne dice invece di non averne subito, contro l’88% degli uomini. C’è sempre in questi casi chi banalizza o chi, anche da vittima, fatica a riconoscere in queste molestie una declinazione della violenza di genere: attenzione, ci dicono Volpato e soci, ciò non toglie l’effetto negativo che producono. Le donne si sentono oggetti, sono a disagio, hanno paura, disgusto, persino senso di colpa perché non hanno reagito o evitato, cambiano percorsi e abitudini, denunciano la mancanza di sostegno che hanno incontrato in chi poteva aiutarle e non lo ha fatto. 1451 hanno poi risposto alla domanda che chiedeva loro di raccontare la o le molestie subite e ciò che è emerso non riguarda solo la strada, come se fosse saltato un tappo: c’è l’università – molte denunce arrivano da Medicina – ci sono i contesti del lavoro, c’è l’ambiente familiare e amicale, c’è l’infanzia e l’adolescenza ma anche l’età più matura, c’è spesso un silenzio durato a lungo e che viene spezzato. E per quanto riguarda il lavoro e l’università dalle tante testimonianze emergono chiarissime l’asimmetria del potere  – datore di lavoro, professore, versus giovane dipendente o studentessa o giovane ricercatrice – e anche il ruolo del gruppo maschile, laddove le posizioni apicali sono appunto appannaggio maschile.

Altro che caso isolato, altro che mela marcia. E quanta strada perché lo spazio pubblico e quello privato siano per le donne un luogo sicuro e agibile in condizione di parità e rispetto. E quanta volontà di rimetterle in una posizione di sottomissione, quanta miseria maschile. Una miseria che soffoca, stritola, toglie aria e libertà. Alle donne, anche agli uomini. Ma è ora che lo riconoscano e lo dicano.

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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    “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Secondo episodio: La guerra non è popolare. L’Europa si riarma con 800 miliardi. In questi anni aveva già raddoppiato la propria quota di spese militarti, soprattutto comprando dagli Stati Uniti. Lo faremo di più, visto che Trump disinvestirà dalla Nato e dall’Europa. E’ la “fine delle illusioni”, come dice Von der Leyen, di essere garantiti dalla pace, perché d’ora in poi bisognerà usare la forza. E intanto si educa la popolazione con manuali che dicono: “In caso di guerra…”. La propaganda è altissima perché non c’è nulla di più antipopolare e antidemocratico della guerra e la militarizzazione d’Europa è tutta sulle spalle dei suoi cittadini. Con Michele Paschetto di EMERGENCY vi racconteremo come in Afghanistan in più di venti anni di guerre le cure abbiamo svolto un ruolo straordinario di mediatore. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    Ho detto R1PUD1A di Claudio Jampaglia e Giuseppe Mazza per EMERGENCY “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Primo episodio: Le parole sono importanti. In questa prima puntata di “Ho detto R1PUD1A” Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia spiegano cosa significa la parola “ripudia” nella Costituzione italiana e perché è stata scelta per rappresentare il “mai più” alla guerra del popolo italiano dopo la Liberazione. Non siamo i soli ad avere fissato questo principio nelle nostre leggi. La guerra però sta tornando una prospettiva concreta, almeno secondo la maggior parte dei governi, che si riarmano, Italia compresa. Con Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY, vi racconteremo poi l’esempio del Sudan, il Paese dove la guerra ha già causato in questi due anni oltre tre milioni di profughi. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    La Pillola va giù di domenica 20/04/2025

    Una trasmissione settimanale  a cura di Anaïs Poirot-Gorse con in regia Nicola Mogno. Una trasmissione nata su Shareradio, webradio metropolitana milanese che cerca di ridare un spazio di parola a tutti i ragazzi dei centri di aggregazione giovanili di Milano con cui svolgiamo regolarmente laboratori radiofonici.

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    C'è Di Buono: Max Casacci racconta Eartphonia III: Through the grapevine

    Anche in questa puntata parliamo di qualcosa che ha a che fare con la cultura enogastronomica, ma anche, molto, con la musica. Per la prima volta il caro Max Casacci (già colonna dei Subsonica) è stato ospite di un nostro programma non prettamente musicale, per raccontare il terzo episodio del suo progetto "Eartphonia", che lo ha portato in Franciacorta per "Through the grapevine", realizzato con i suoni del vino; suoni e rumori catturati nelle cantine dell'azienda vitivinicola Bersi Serlini Franciacorta. A cura di Niccolò Vecchia

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