«Da mai più a per sempre» è un libro prezioso di Marina Lazzati, pubblicato da “Terre di mezzo”, nome che vale un programma di vita per i singoli, ma anche i governanti, per chi ha perso la Trebisonda. Un critico di professione direbbe che il volume racconta l’elaborazione d’un lutto. Cinque anni fa, infatti, Marina in un incidente in montagna ha perso il marito, Marco Liva, amato compagno di vita, padre dei loro bellissimi 4 figli, imprenditore, presidente della Fondazione Marcello Candia da decenni in Brasile per fragili, poveri, emarginati. Uno psicoanalista corroborerebbe con supporti autorevoli: talking cure chiamò Freud la Psicoanalisi in fasce; con Le storie che curano James Hillman ha reso fertile l’incontro tra narrazioni individuali e miti collettivi, talvolta esemplare. Io prendo il libro come vademecum, un «va’, vieni con me» (è l’illuminante definizione Treccani), un manuale per accogliere una verità durissima: «dal dolore («un compagno particolare, inseparabile» lo chiama Marina) si può ripartire».
Le verità umane sono carne di singoli individui, ma le sofferenze personali son realtà universali condivise da creature che all’unisono gemono in cerca d’un senso. A Milano per persone, famiglie, culture, ideali di cui il libro è vertice; a Kiev, Bucha, Mariupol per le ferite che l’aggressione di Putin ha reso indelebili; a Ginevra per il diplomatico russo che s’è dimesso vergognandosi dei suoi governanti: e sa che la pagherà; a Kabul per le donne ormai sepolte vive; a Uvaldo, per un’America che sfoga infelicità e ineguaglianze sparando sulla folla; altri mettano i loro luoghi. Il dolore si fa meditazione, compagna d’un viaggio intrapreso «perché decido di fidarmi della vita», da «pellegrina». Il vademecum bandisce retori consolatori e pacifisti che terrebbero i conflitti lontani per conservare il loro benessere. Trebisonda, nell’immaginario porto sicuro smarrito, è sul Mar Nero. Grazie a donne come Marina io dico: «mai più» sia mare di guerra; «per sempre» invece terra di mezzo in cui – direbbe l’Autrice – «Dio compirà il nostro incompiuto». Ha scritto Nazim Hikmet, poeta turco: «I più belli dei nostri giorni / non li abbiamo ancora vissuti».