Sino al 22 davanti a Palazzo Reale a Milano è esposta la Croma fatta saltare dalla mafia il 23 maggio del 1992. Ricorda Antonio Montinaro, Rocco Dicilio e Vito Schifani, i tre agenti di scorta uccisi con Giovanni Falcone e Francesca Morvillo a Capaci. È uno dei monumenti agli oltre mille innocenti che le mafie hanno assassinato perché facendo il loro dovere di lavoratori, cittadini onesti, servitori dello Stato ostacolavano guadagni illeciti e dominio del territorio.
Sì, anche l’Italia è in guerra: non bisogna mai dimenticarlo e tenere occhi aperti, coscienza vigile, virtù civiche a portata di mano; guerra contro illegalità, malaffare, sopruso, intimidazioni, collusioni, infiltrazioni nei gangli vitali di amministrazioni centrali e locali, associazioni produttive. Il male mafioso è occulto, incistato, spesso camuffato, dagli effetti devastanti su convivenza e istituzioni. Ha soldati, arsenali, comandanti insospettabili, piani strategici e logistica, disciplina che all’inquadramento militare somma riti di iniziazione, vincoli e appartenenze che rendono schiavi i protagonisti dei crimini.
Putin è lì, si ascoltano le deliranti esternazioni imperialiste, si vedono i crimini di guerra delle sue truppe contro donne, bambini, anziani. Così come s’è visto Assad, con l’aiuto russo, distruggere Aleppo, si son visti terroristi dello stato islamico uccidere nelle piazze in Occidente o praticare pulizie etniche in Oriente o i talebani o i capi di bande armate in Africa che rapiscono, uccidono, schiavizzano.
La guerra è un mostro dalle tante teste quanti sono i conflitti, ambienti e situazioni in cui un uomo con armi, perversioni, violenza persegue interessi propri o di clan, sottomette l’altro, ne limita dignità e libertà, lo elimina. Tagli una testa, ne nasce un’altra racconta il mito. Ma d’un altro mito è narratore chi ha portato in piazza la Croma di Capaci: «Erano semi. Siamo foresta». Chi reca morte non può evitare che le vittime di mafia, dell’aggressore russo, di miliziani d’ogni specie siano radici e fonti di riscatto e rigenerazione: la vita è la condanna eterna di chi uccide! È la speranza di chi resta e ha la responsabilità di dirlo in piazza svegliando i soporosi, i distratti, gli ignavi, le anime belle, i collusi della porta accanto.