Riaprono le scuole e i teatri: era ora, perché didattica a distanza e streaming ci hanno spremuto le meningi a inventarci modi nuovi di insegnare e recitare; ma a ‘na certa, rischio calcolato o no, “lo schermo è bello quando dura poco”. Si torna in presenza: vivi davanti gente viva.
Sono indi felice di comunicare che un mio spettacolo, lo stesso che battezza il Blog “La scuola non serve a nulla”, andrà in scena al Teatro della Cooperativa di Milano dal 21 al 30 maggio, però aggiornato in versione 2.0: “La Scuola non serve a nulla 2.0: dalla Buona Scuola alla Dad”, giusto per non passare per quello che negli ultimi quindici mesi è stato su Marte. Al pubblico distanziato in sala racconterò di come Leopardi avrebbe usato Tik-tok, ma anche della distanza di un metro tra le rime buccali degli alunni in aula. Anzi, per far meglio sperimentare tutto ciò al pubblico, anche gli spettatori saranno seduti su poltrone a rotelle.
Intanto, l’occupazione del Piccolo Teatro dei Lavoratori dello Spettacolo ha portato alla stesura di una proposta di legge per una radicale riforma nel settore, anche per venire incontro ai tanti problemi economici della categoria già in epoca pre-Covid (nel caso potrete firmare qui su Change.org). Insomma, il più è fatto: ora sarà sufficiente che Fedez legga il testo della proposta sul palco d’un concerto in TV o Pio&Amedeo parlino male di Strehler su Canale 5 in prima serata.
A scuola invece molto scalpore suscita la proposta di tenerle aperte anche a giugno-luglio per insegnare ai ragazzi ciò che non sono riusciti a/non hanno voluto imparare durante l’anno. È un’idea che i più raffinati pedagogisti apprezzerebbero: la Montessori, ad esempio, quando annotava “Il bambino impara quando sbaglia e quando suda”, sottolineando la positiva correlazione tra afa e apprendimento; o Don Milani che affermava “Con sto caldo c’è da sveni’ a lavora’ i campi: meglio sta all’ombra a leggersi ‘uarcosa”. Oppure S. L. Vygotskij: “Poichè lo sviluppo del linguaggio procede cognitivamente dalla fase di comunicazione interpsichica a quella di riflessione intrapsichica, cosa c’è di meglio, se non avviare i virgulti a imparare a bestemmiare interiormente, mentre sono inchiodati in aule a 50 gradi e lo sciabordio del mare ricorda loro quanto folli possano essere al Ministero dell’Istruzione?”
Tuttavia, le parole dei maestri della pedagogia non hanno convinto presidi e docenti. Tre gli argomenti: l’estate è il tempo della sedimentazione non dell’accumulazione; l’estate è il tempo del pensiero e non dell’azione; e l’estate è fatta per stare in ferie, eccheccazzo! Difficile dar loro torto, specie dopo un anno in cui tra meningi e coglioni, non saprei dire cos’è stato maggiormente spremuto. Tant’è che al Ministero sembrano intuirlo: e infatti, nella circolare ministeriale “Piano scuola estate 2021”, mentre pochissimo si è fatto per ridisegnare l’organizzazione degli spazi, l’edilizia scolastica e il numero di alunni per classe, sembrano non saper come fare per indorar la pillola e presentar tutto ciò come “la vera ripartenza”. Non solo “…un ponte per un nuovo inizio!” , si legge gagliardo nel titolo, ma addirittura si arriva, in un documento ministeriale, a citare spavaldi John Lennon: “l’apprendimento non consegue necessariamente da un insegnamento formale. Per intenderci, potremmo utilizzare un famoso verso di John Lennon: “la vita è ciò che ci accade mentre facciamo altro”. Yeah! Mancano solo “L’apprendimento è vita più della vita stessa” (Estimegisto di Prociona), “Si può dare di più” (Morandi-Tozzi-Ruggeri) e “Two gust is meil che uan” (S. Accorsi).
“Scuola estiva”, semanticamente, è una contraddizione in termini, un ossimoro secondo solo a quello coniato dal mio amico Enrico Veronica, cioè “Bidella settentrionale”. Tuttavia, un buon modo perché tutto si trasformi da un’idea del menga a una mega-idea, è quella di saldare le due emergenze: da un lato quella lavorativo-salariale di attori e formatori teatrali, il cui lavoro sui palchi e nelle scuole è stato fermo per un anno con ristori ridicoli; e dall’altra quella socio-relazionale dei ragazzi, monadizzati dalla Dad in uno scenario di rapporti umani ormai in macerie.
Sì, perché se c’è da imparare un nuovo ABC del guardarsi negli occhi, far diventare i balbettii discorsi, abbattere le dighe che impediscono il libero fluire delle emozioni; allora, se il Teatro è proprio “l’arte della relazione”, chi meglio dell’attore o formatore teatrale può essere il “restauratore di un quadro di socialità giovanile danneggiata”? Tra l’altro questo progetto, nel punto “Realizzazione di percorsi educativi volti al potenziamento delle competenze e per l’aggregazione” consente alle scuole di reperire competenze creative anche da soggetti esterni. Quindi perché non cogliere tre piccioni con una sola fava: docenti a dare continuità ad una tradizione di fancazzismo balneare, attori un po’ meno in difficoltà economica, e studenti un po’ meno asfaltati dalla noia? Sì, lo so che la scadenza del bando il 21 maggio è proibitiva, ma proviamoci.
A proposito di 21 maggio: il blog, causa spettacolo che ri-debutta proprio quel giorno lì, si ferma per un mesetto. Cioè, non è che si ferma del tutto: è che dopo la “Trilogia della Clausura”, si cambia argomento. Proporrò la “Tetralogia del Sessismo linguistico alle Scuole Medie”, cioè il resoconto, già scritto, di una ricerca-azione svolta nella mia classe e spalmata negli interventi delle prossime quattro settimane. Su cosa? Appunto, su ciò che di linguaggio di genere, schwa, direttore/direttrice, plurale maschile sovraesteso ecc. può arrivare in una classe di una Scuola Secondaria di I° Grado. Sarò quindi meno sul pezzo rispetto all’attualità, ma a ben vedere forse quello è un problema che ho sempre.
Per il resto, siccome gliel’ho promesso: lo spettacolo “La scuola non serve a nulla 2.0” l’ho scritto con Carlo Turati che, a sua volta ha pubblicato un romanzo. E se il romanzo non vende, lui mi fa pagare i testi: sicché il titolo è “La carezza della mantide” e se avete dei figli/e vale la pena di leggerlo (sì, sarebbe più per papà che per mamme, e quindi non è un suggerimento per un regalo… ma who cares?). A posto così, Carlo? Che altro aggiungere? Dal 21 maggio vi aspetto a teatro. Dal vivo.