In un film degli anni Settanta, “La Merlettaia”, un gruppo di ragazzi idealisti si confrontava sulle varie forme di autoritarismo, e uno di loro diceva che anche ogni nuovo semaforo è un’imposizione, è una regola in più che induce all’obbedienza, alla subordinazione.
Mezzo secolo dopo la nostra società è andata molto più in là, rispetto ai timori di quei ragazzi. Siamo tutti continuamente sottoposti a nuove regole sociali.
Ancora a metà degli anni 80 c’era un movimento di motociclisti contro il casco obbligatorio. Più avanti, da alcuni fu accolto come un attentato alla libertà il divieto di fumo nei ristoranti. Poco dopo, la cintura di sicurezza obbligatoria in automobile.
Oggi con la pandemia e il Green pass siamo di fronte a un nuovo passaggio.
Con molte resistenze e non solo dalla destra: anche tra i nostri ascoltatori, a Radio popolare, ci sono quelli che ci scrivono arrabbiati. E pure qui, su Fb, da gente di sinistra.
Manca forse però il pezzo in mezzo, cioè quello che è successo a livello strutturale negli ultimi cinquant’anni.
Durante i quali la società si è molto più intrecciata al suo interno.
Durante i quali l’interdipendenza tra individui è diventata totale e globale.
Durante i quali i comportamenti di ciascuno sono diventati molto più impattanti sulla vita degli altri. Dal fare o non fare la differenziata fino all”usare o meno la macchina in città.
Siamo tutti intrecciati tra di noi. E lo saremo sempre di più.
È strutturale, appunto.
Uno scrittore visionario di fantascienza negli anni Sessanta lo aveva intuito e scriveva: la società del futuro o sarà educata o non sarà. Ma la creazione dell’abitudine – di quella che lui chiamava “educazione” – è spesso, se non sempre, passata attraverso le regole, almeno in una fase.
E allora, in questo contesto di ineluttabile iper regolamentazione che spesso vediamo come limitante per la nostra libertà, bisogna elaborare forse un nuovo concetto di libertà, oggi.
Basato non sull’Io contro l’Altro da me, non sul rapporto conflittuale tra società e individuo, ma sul controllo democratico e trasparente delle decisioni, delle regole in questione appunto – e soprattutto dei big data, degli algoritmi, del “capitalismo della sorveglianza” (Zuboff 2019).
Credo che sia questa, per tutte e tutti, la vera sfida libertaria dei prossimi decenni, altro che vaccini.
Per metterla giù con la zappa, amici libertari, forse vale la pena di occuparsi meno di fiale e più di sistemi credito sociali imposti dall’alto e con algoritmi non trasparenti, quindi della società del rating che ne deriva, della patente a punti della buona e della cattiva persona, di sharp power non controllato se non autocraticamente, in un intreccio di potere Stato-corporations.
Tutte cose che non sono dietro l’angolo: sono già in fieri.
E confesso che mi piacerebbe molto vederci in piazza insieme su questi temi, amici libertari di sinistra, anziché guardarvi mentre vi mescolate con i fasci salviniani, con i pappalardi rimbambiti e con altra umanità frustrata nei cortei contro la salute pubblica.