Interrompo il reportage a puntate sull’ISHS Conference (la conferenza della “Società internazionale di studi umoristici”: riprenderemo dalla terza la prossima settimana), per fare una cosa che su questo Blog non faccio mai: star sul pezzo, parlar d’attualità, commentare il fatto del giorno. Cosa che odio, ma stavolta la straordinarietà dei fatti merita l’eccezioneche conferma la tegola ( etrattandosi di scuola, speriamo che non caschi).
Avrete sicuramente saputo della frase di Concita De Gregorio nella puntata di mercoledì scorso di “In Onda”, ripetuta poi anche sulla rubrica della giornalista stessa, “Invece Concita. Verbatim: “Mario Draghi, a volte, assume questo tono da titolare di cattedra Harvard che è finito in un alberghiero di Massa Lubrense”.
Certo, in tempi di grande e diffusa permalosità, De Gregorio avrebbe potuto scegliere altre parole, e avrebbe potuto anche evitare di riproporle sulla sua rubrica (anche ai grandi professionisti, vedi i rigori di Baggio e Maradona, capita di sbagliare); sì, la giornalista avrebbe potuto facilmente prevedere che una tale similitudine, un po’ troppo “indirizzata”, non sarebbe passata inosservata ai ditini degli animi più suscettibili, sempre pronti a levarsi alti e saccenti nel rimbrotto parlando di sé stessi, i diti, invece della luna. Per quanto il nome della cittadina fosse citato, evidentemente, solo come esempio di “piccolo paese”, mentre alberghiero, altrettanto evidente, stesse a significare solo “scuola non specializzata sugli studi umanistici”; entrambi da contrapporre in antitesi a “Harvard” (tra l’altro, un Istituto Alberghiero a Massa Lubrense non c’è neanche, a riprova del tono solo ipotetico e immaginifico dell’espressione).
Apriti cielo: ne è seguita la solita tempesta di critiche, francamente spropositate ed eccessive, in rapporto, come sempre in questi casi, all’entità dell’innesco. E non ci si è fermati qui: da prof. del Sud e che ha insegnato quasi sempre in aree disagiate, ho trovato esagerate la raccolta di firme, le richieste di scuse, le lettere aperte rivolte alla giornalista e, addirittura, le minacce di adire vie legali in caso di mancato riconoscimento dell’errore! E posto che magari insegnare a Harvard non sarà più difficile che insegnare a Massa Lubrense, andrebbe banalmente almeno ricordato che è più difficile arrivarci, a Harvard. Lo so, è sempre la stessa dinamica a scatenarsi in questi casi, è ormai sempre lo stesso rituale colletivo di purificazione. Ma stavolta la faccenda mi ha fatto pensare a due cose:
– Da questa storia si può intravedere, in controluce, la condizione d’una classe docente talmente martoriata da cadere facilmente in infantili e automatici istinti di reazione, spesso in modo del tutto acritico. Un misto di due fattori: da un lato, quasi un aggressivo riflesso pavloviano, del tipo “ultimamente la scuola è stata così vessata, in pensieri parole opere e omissioni, che chiunque la citi, in qualsiasi modo, io lo azzanno, senza manco peritarmi d’andare a capire che ha detto veramente”; dall’altro, una vanitosa volontà del singolo di mettersi in mostra sul web, un “non sono nessuno, vorrei visibilità… e come faccio? Ecco, allora post di sdegno contro Concita, questa radical chic dei miei stivali. Così impara, così chiede scusa e così le spiego – ciò che Concita e tutti noi sappiamo benissimo – che all’alberghiero si lavora tantissimo bla bla bla… E diamine, vuoi che non dica la mia sulla polemica del giorno? Son tutti lì a pendere dalle mie labbra”. E via, tutti a provare a raccattare un po’ di gloria sui social. Ma, posto che così si tradisce anche una certa invidia per il fatto che nessuno di noi sarà costretto a scusarsi per i nostri errori (mentre Concita sì), sconcerta però, soprattutto su pagine frequentate da docenti, questo ridurre tutto al solito automatismo dello sdegno sul fatto di giornata, al “mi indigno, dunque sono”. E ancor di più, l’andare a commentare, sotto i post, con frasi di scherno del tipo “Giornalista, la De Gregorio???”, “Falsa, ipocrita, montata!” fino a “Chissà come è arrivata lì” o “Cita De Gregorio”. Chiaro, commenti che non rappresentano la totalità degli utenti, ma una quantità preoccupante sì, se si pensa – ripeto – che gli autori sono quasi sempre docenti: coloro che per primi dovrebbero non solo trattenere questi istinti, ma insegnare anche ai nostri alunni come trattenerli. E che dovrebbero anche far riflettere, più semplicemente, sull’utilizzo del linguaggio figurato: un po’ come se, dopo aver pronunciato in pubblico l’espressione “Stiamo menando il can per l’aia!”, si ricevesse una richiesta di scuse da parte di associazioni cinofile per aver maltrattato animali.
– Il benaltrismo è sempre negativo, è quasi “il mal dei mali”, anche in tempi in cui c’è in corso una guerra quasi nucleare, la pandemia che avanza, il governo che cade e la siccità che attanaglia. Ma vedere l’energia e l’impegno profusi in questa ondata di reazione, mi ha fatto pensare… ecco! L’idea geniale! Sì, lo stratagemma per far finalmente registrare una massiccia adesione al prossimo sciopero nazionale della scuola: sì, visto il livello di indignazione, basterà convincere Concita De Gregorio, quando sarà, a pronunciare nella sua trasmissione in TV la seguente dichiarazione:
“Questi docenti, divisi e ignoranti come sono, non sciopereranno di certo. No, non lo faranno mai, sono troppo stupidi. A loro queste condizioni da schiavitù vanno benissimo: l’importante è che possano lamentarsi e sfogarsi su Facebook: questo vogliono, mica migliorare le loro condizioni. Deficienti come sono, non sanno che non hanno altro mezzo se non lo sciopero, se davvero vogliono sti 200 euro, l’aumento, ecc… Oh, neanche fossero tutti docenti dell’alberghiero di Massa Lubrense!”.
E finalmente, partecipazione con percentuali bulgare!!!
Adesione in massa!!! (Lubrense, ovviamente…)
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