Leggio, microfono, fogli, modi di chi parla a interlocutori. Ma di fronte Giorgia Meloni non ha nessuno. In un set allestito in un palazzo governativo tunisino va in scena la versione della Premier circa l’incontro col Presidente Saied. Nessuna domanda né chiarimenti chiesti da qualche giornalista che facendo il suo mestiere vorrebbe disporre di elementi per raccontare cosa il governo ha trattato con un Paese in difficoltà democratica quanto a: migranti; petrolio e gas per Italia ed Europa; fondi internazionali miliardari per salvare il regime come contropartita dell’alt alle continue partenze di disperati; tutela dei diritti umani delle migliaia di profughi che provenendo da altre regioni dell’Africa nella speranza di varcare il Mediterraneo incappano in trafficanti (come in Libia) e discriminazioni in Tunisia in una disperata lotta tra poveri. Da Tunisi a Roma: stesso copione. Meloni è una videopremier: non dialoga, s’impone. Nel mese passato ha parlato via video su temi per i quali sarebbe stato utile un confronto con l’opinione pubblica: 1° maggio, set allestito a Palazzo Chigi per far passare il messaggio melosalviniano «noi lavoriamo, loro cantano»; Stati Generali dei Commercialisti; Festival dell’Economia di Trento; Convegno su temi identitari “Nazione e patria. Idee ritrovate”; visita alla Romagna alluvionata, dove l’”evitare le passerelle” in realtà è stato frutto d’un’accorta regia anche nei tempi di ritorno dal G7. Giornalisti evitati con riprese fornite da Palazzo Chigi (una volta veline, oggi video): stivali, luoghi, persone giuste da cui essere accolta come un’apparizione, regia di Galeazzo Bignami (viceministro oggi; per la storia: ritratto in divisa nazista in una festa d’addio al celibato), candidato di Meloni a sfrattare Bonaccini in Regione e commissario alla ricostruzione. Nei compiti di Ordine e Sindacato dei Giornalisti c’è la moral suasion perché esponenti pubblici che preferirebbero soliloqui accettino dialogo coi media e pluralità delle fonti; poi le mobilitazioni qualora si preferiscano i dischi della Voce del Padrone al confronto. Continuiamo a tutelare la libera manifestazione del pensiero di cui all’art. 21 della Costituzione antifascista, nel suo 75°. Se non ora, quando?
La videopremier
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Marco Garzonio
Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.