Son volate parole grosse sul futuro di San Siro. Dibattere su maquillage dello stadio preservandone l’identità o costruire un nuovo impianto, di quelli in cui il calcio è parte di altri interessi è comunque un bel segnale. C’era da temere un pericoloso deficit di partecipazione, cultura della cura (farsi carico di buone relazioni), priorità, uso di territorio e risorse pubbliche, progettualità avendo assistito al piattume degli ultimi mesi con: campagna elettorale, la peggio dal dopoguerra; crollo dell’affluenza alle urne (fenomeno nazionale ma frustrante per chi ritiene Milano locomotiva della ripresa); successo del centro sinistra al primo turno (anche per knock out tecnico dell’avversario); giunta costituita con efficienza meneghina, fatta di donne e di giovani promettenti ma anche di tecnici promossi in ragione della provenienza dall’amministrazione: l’urbanistica. Il calcio d’inizio d’una nuova fase della città è stato fischiato per il Meazza, ma la partita è lunga e valica spalti, cori, tifoserie.
Lo stadio è metafora d’una posta in gioco più alta: il Covid ha fatto esplodere un paio di questioni mature, finora colpevolmente rinviate. La prima è istituzionale. Non si può più andare avanti con la legge Bassanini: ha svuotato i Consigli comunali, dato ai Sindaci i poteri d’un CEO e trasformate le giunte in Consigli d’amministrazione; nemmeno ci si può trastullare sulla partecipazione di base coi Municipi, fingendo esista la Città Metropolitana (forse mai nata). La seconda questione, politica ma legata, è la governance delle città. Questa non è un condominio né un’azienda. La si amministra con un’idea di convivenza, mete collettive, diritti e doveri da garantire ma anche da far rispettare, interessi da contemperare; sui progetti ci si confronta e poi maggioranza e opposizioni si assumono le loro responsabilità. Sulla Milano che vogliamo si gioca la vera partita: la città ideale fatta di persone (nate qui o da accogliere), casa, lavoro, luoghi di idee, arte, svago per la quale siamo disposti tutti e ciascuno a lavorare, dibattere, scontrarci, sognare.
Il Meazza è un prato in cui vince o perde la democrazia. La partita è secca, senza incontro di ritorno. Lasciamo ai “pulcini” impuntarsi o buttar la palla in tribuna.