C’è una grande aria di festa per la riapertura anticipata dell’Italia decisa ieri dal governo, e del resto alzi la mano chi non è contento di tornare a una vita quasi normale, aperitivi con gli amici e pizze in compagnia, gite fuori porta, cinema e week end al mare.
C’è una grande aria di festa perché il Paese non ne poteva più, ci spiegano i giornali.
Fino a una settimana fa le riaperture dovevano essere legate alle vaccinazioni degli anziani, invece in pochi giorni sono saltati tutti gli schemi, come alla fine di una partita di calcio quando ci si butta in avanti senza più ragionare tanto.
E allora riapriamo tutto con oltre due terzi degli over 70 che non hanno mai visto neanche la prima dose e meno del 4 per cento che ha fatto anche la seconda, non parliamo della fascia tra i 60 e i 70 anni, lì solo il 15 per cento ha visto il primo vaccino.
In Gran Bretagna hanno fatto diversamente, hanno aperto dopo vaccinazioni di massa; in Germania e in Francia stanno facendo diversamente, e lì a nessuno viene in mente di aprire tutto il 26 aprile, ma noi abbiamo il governo dei migliori che però sente molto gli umori della piazza, che ascolta la pancia del paese, quella dell’economia e soprattutto quella di Salvini e Giorgetti.
E allora va bene, riapriamo tutto, ciascuno di noi non vedeva l’ora, confidiamo nel caldo, nel bel tempo, nello stare all’aperto – che poi sono l’unica speranza plausibile in questa svolta improvvisa.
Dice Draghi che “il rischio è ragionato” ma che ci piaccia o no dobbiamo tutti sapere che il ragionamento è uno solo: ora viene il caldo e speriamo in Dio, e per quando tornerà il freddo speriamo di averne vaccinati abbastanza.