Un terzetto al femminile, così consueto nelle nostre case, costituito dalla mia mamma ormai ultranovantenne e cattolica, dalla sua badante georgiana e ortodossa, e da me, non credente, ha assistito, venerdì scorso, ad una parte della via crucis celebrata da papa Francesco. La televisione è stata accesa, per puro caso, poco prima della tredicesima stazione, la morte di Gesù, e abbiamo visto portare la croce due donne, Irina di nazionalità ucraina e la russa Albina. Silenziose, si sono guardate. Silenziose, le abbiamo guardate. Di silenzio, dopo le polemiche di parte ucraina sulla scelta del Vaticano, parlava la meditazione di quella stazione. Il silenzio tra di noi, ciascuna con i suoi pensieri, è durato fino ai titoli di coda.
La guerra ha ridotto molti, anche qui in Italia, al silenzio: non è un unico, uniforme silenzio, non è soltanto e per tutti il silenzio addolorato di chi vede ancora irrompere nella storia umana la brutalità dell’aggressione e la disperazione della difesa. È un silenzio che ha molte connotazioni: è sgomento, è paura, è ansia che si nutre delle notizie di ogni giorno, in qualche caso è rimozione, in qualche altro incomprensione.
C’è poi un silenzio che vorrei elogiare: è il patto del silenzio che abbiamo stipulato tra amiche che si vogliono bene, molto hanno condiviso e condividono e che oggi si trovano, sul giudizio sulla guerra, sulle sue cause e sulla ripartizione delle responsabilità, su sponde lontane. Superflluo spiegare come e perché: le cronache molto hanno già raccontato delle fratture all’interno di quella che per brevità e molto sorvolando chiamiamo sinistra.
A questo patto si potrebbero apporre molti segni negativi, giudicarlo una rinuncia al libero dibattito, un arretrare pavido rispetto alla possibilità del conflitto. Oppure, ed è questo che oggi penso e non lo avrei pensato in altri tempi, si può guardare a questo silenzio come una presa d’atto di un conflitto di idee che vive ma non necessariamente deve agire, se agire, e in questo caso sta succedendo tra tanti, significa mettere a repentaglio la relazione. Nella nostra laica versione il silenzio può essere questo: un piccolo segno reciproco di pace di cui c’è molto bisogno.