I Bestiari son storie dell’umanità, libri belli e istruttivi. Illustrano caratteri di persone reali, idealizzano
o stroncano protagonisti, forgiano l’immaginario collettivo. Dici volpe, orso, pulcino, oca, pavone, sciacallo, serpente, coniglio e pensi a furbo, introverso, smarrito, distratto, narciso, approfittatore, infido, pavido. Nel simbolismo chi ha doti di governo è animale politico. Di che specie? I riscontri nei Bestiari dipendono da come il soggetto sta nelle istituzioni. Le opzioni sono sostanzialmente due.
Prima: la politica come “servizio”; impegno per bene comune; rispetto di persone e regole; professione di ideali: giustizia, armonia di diritti e doveri, condizioni di partenza uguali per tutti, equa distribuzione delle risorse. È la bella politica della Costituzione; «Il lupo dimorerà con l’agnello» del Profeta.
Seconda, l’opposto: politica affermazione di sé e gruppi; squalifica/sottomissione di altri; espulsioni; interessi a vantaggio di corporazioni. Nella Fattoria degli animali di cui talvolta dà spettacolo la politica Salvini è protagonista. Al leader della Lega sodali, alleati, avversari riconoscono doti d’animale politico riconducibili a virtù animali aggressive/distruttive; ne san qualcosa Carola Rackete, della Sea-Watch; presunto spacciatore citofonato a Bologna; bambini di Bibbiano a Pontida. La Bestia, archetipo dell’animalità regnante, ora divora se stessa.
Che accadrà a Salvini della Bestia vanto? Alla voce Nemesi il vocabolario Treccani recita: «Nome proprio personificazione nella mitologia greca e latina della giustizia distributiva e perciò punitrice di quanto, eccedendo la giusta misura, turba l’ordine dell’universo». Della punizione però non precisa efficacia e durata. Antichi Bestiari parlano di mostri in cui la testa tagliata ricresce. Terra terra due proverbi ammoniscono: «Il lupo perde il pelo, ma non il vizio»; «Cane non mangia cane».
L’stinto di sopravvivenza può provocare colpi di coda soggettivi e indurre animali politici concorrenti a vestirsi loro da Nemesi. Scrisse Eduardo: «Adda passa’ ‘a nuttata». Ma aggiunse: «A guerra nun è fernuta». Era Napoli milionaria. Riferimenti ad altre vicende milionarie e bestiali sono puramente casuali.