Il Papa che sprona a lavorare per la pace e a impedire che i conflitti degenerino è cosa nota: lo fa da dieci anni, da quando in uno dei suoi primi viaggi rivelò un mondo borderline: governi e alleanze instabili; ingiustizie; violenze; nazionalismi; neocolonialismi; economia senza umanità; migranti respinti; Mediterraneo ridotto a cimitero. Coniò l’espressione “terza guerra mondiale a pezzi”. La novità con l’intervista alla Televisione Svizzera è che Francesco pone con le spalle al muro i protagonisti delle guerre in corso: Russia, Ucraina, Nato, Israele, Hamas e i Paesi schierati pro l’uno o l’altro. Sul tavolo il Papa mette la questione nodale: il coraggio di fare il primo passo. Di fatto denuncia che aspettare che sia l’altro a prendere l’iniziativa è non voler affrontare le ragioni del conflitto; insistere perché il nemico ceda è non fare nulla per la pace; il rischio è che la Terza Guerra scoppi davvero. Regola fondamentale della psicologia è che ognuno risponde di ciò di cui dispone, in primis la propria volontà. Perché le manifestazioni di questa siano credibili e inconfutabili ci vogliono gesti concreti, proposte, incontri effettivi; i propositi sono insufficienti; si diceva una volta: “di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno”. Alla base del pensiero di Francesco c’è una categoria, la responsabilità, che è individuale, dal cittadino all’uomo di Stato, e collettiva, riferita a decisioni di chi governa istituzioni, economia, imprese, media, a scelte popolari (elezioni), a umori dell’opinione pubblica indotti da social, business di piattaforme, like, rumors. Gli imbarazzi ufficiali mostrano che il Papa ha colto nel segno. Mosca, Kiev, Nato, Netanyahu, Usa, Hamas per ora non sembrano voler muovere loro il primo passo, basta vedere il dibattito su “bandiera bianca” e le esegesi per girare le parole di Francesco a difesa propria e riprovazione del nemico. Il richiamo al “primo passo” è luce su equilibri internazionali, politica, media, coscienza di ciascuno, a volerne approfittare. Se si insiste sulle colpe dell’altro il piano verso la guerra totale s’inclina di più; sarà poi difficile opporre che sarebbe toccata ad altri l’iniziativa. Non ci sarà tempo neanche per giustificarsi, né per piangere.
Il primo passo
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Marco Garzonio
Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.