L'Ambrosiano

Il posto

«Non c’era posto per loro»: Luca spiega come mai Maria pose Gesù in una mangiatoia; «Non c’è posto per loro», il popolo palestinese, «nemmeno nella mente di coloro che decidono le sorti del mondo». Il cardinal Pizzaballa kefiah sopra la mozzetta rossa ha accostato la povertà evangelica alle sorti dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania: «Non sembra esserci posto per loro non solo fisicamente, ma nemmeno nella mente di coloro che decidono le sorti dei popoli». Rivolgendosi «a tutti, senza distinzione, palestinesi e israeliani, a tutti quanti sono nel lutto e nel pianto» il Patriarca latino di Gerusalemme nei fatti ha indicato un rischio che solo Netanyahu e Occidente s’ostinano a non vedere: «non c’è posto» paradossalmente neanche per gli israeliani se si continua con territori occupati, nuovi insediamenti, Onu ignorata, coloni violenti, propositi di eradicare la disumanità di Hamas del 7 ottobre al costo però d’oltre 20mila morti. Pizzaballa era solo la notte di Natale a esortare «tutti a partire da me e da chi come me ha responsabilità di guida e di orientamento sociale, politico e religioso, a creare una “mentalità del sì” contro la “strategia del no”»: in tempi di guerra «tutti moltiplichiamo i gesti di fraternità, pace, accoglienza, perdono, riconciliazione». L’ha lasciato solo l’Europa (Macron gli ha telefonato: l’unico): coloro che si fan belli del nome di cristiani e si servono dell’etichetta per smentire l’essenza evangelica coi decreti Cutro secondo cui “non c’è posto” per altri (Meloni, Orban, Sunak); quelli del Presepio per legge che non vedono i delitti nei Centri per migranti; coloro che si prenotano per il dopo elezioni virando a destra (von der Leyen). Ciechi segano il ramo su cui son seduti. I cristiani di Palestina da anni ridotti al lumicino tra discriminazioni dei governi israeliani e causa arabo musulmana, in mezzo alla guerra (i cecchini israeliani uccidono alla Sacra Famiglia a Gaza) senza lavoro, dignità, terra, libertà sempre più emigreranno dalla Terra Santa. Svuotati d’umanità i posti della Buona Novella saran solo pietre. Se non cambia qualcosa. Forse Gesù dovrà cercarsi «un posto» dove nascere nel 2024. Almeno un augurio per l’anno che viene!

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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