Siccome io a scuola ero così precario che ormai i contratti me li facevano a matita, appena c’è stata l’occasione di un concorsone “urbi et orbi”, lo scorso novembre, ho pensato bene di iscrivermi per vedere come andava, concorrendo ovviamente per la categoria “Miglior Docente non protagonista di Lettere alle Medie”. E l’ho fatto nonostante:
1 – fosse il concorso di gran lunga più “insensato, scellerato, inopportuno e rischioso” di tutta la storia repubblicana (tutti aggettivi pronunciati da vari eminenti virologi in tante occasioni pubbliche: “Un concorso durante la pandemia? Cioé, con 20.000 contagi e 400 morti al giorno, volete far viaggiare 60.000 docenti precari per tutta Italia per poi farli rientrare in classe? Siete pazzi?”);
2 – il concorso fosse stato preceduto da una RIMANDABILISSIMA – assolutamente non necessaria – procedura di aggiornamento online delle GPS, cioè le famigerate “Graduatorie Provinciali per le Supplenze” (quelle attraverso cui le scuole completano l’organico arruolando i supplenti precari, un quarto di tutti i docenti), la cui complessità ricordava vagamente i criteri di qualificazione agli ottavi degli Europei 2021, per cui per passare a parità di punti contavano i gol fatti di testa moltiplicati per quelli subiti per sfida elevati al numero di piede del portiere fratto il voto di laurea sommati gli anni di insegnamento… e che quindi ha portato tutti i docenti a sospettare che si chiamassero “GPS” perché da una procedura on-line così astrusa ne uscivi solo con le indicazioni dal satellite. Se aggiungete che tutto è avvenuto in piena pandemia, in agosto, prima dell’anno scolastico 2020-2021, quello più in emergenza da che esiste la scuola repubblicana, capirete che è stato un po’ come se, mentre il Titanic cola a picco e tutti cercano di montar sulle scialuppe, il capitano ordinasse: “Lucidate il ponte. È mezzanotte. È domenica, e ogni domenica a mezzanotte si lucida il ponte” “Ma… stiamo affondando! Dobbiamo salvarci!!!” “Fregacazzi: se poi la ritrovano in fondo al mare col ponte sporco, io mi ci incazzo!”;
3 – in concomitanza con la data del concorso, mia madre avesse deciso di avere una crisi esistenziale che la spingeva a trasferirsi a casa per friggermi i testicoli con considerazioni sparse da “Concorso per il ruolo? E tu in che ruolo giochi?”, a “Concorso per il ruolo? Ma a teatro non facevano i provini?” per finire con “Concorso per il ruolo? Tanto si sa che in Italia va tutto a raccomandazione”;
4 – la mia partecipazione attiva, nei mesi precedenti al concorso, a ogni attività, sindacale e/o non autorizzata, volta a rimandarne lo svolgimento del suddetto concorsone a causa della pandemia (presìdi, scioperi, picchetti, mailbombing, richieste a giornalisti, trasmissioni, fino a incatenarmi con alcuni compagni davanti alla Prefettura, con conseguente rischio di denuncia dalla Digos… non è che ero a corto di punti militanza: è che se fossimo stati un po’ di più, il concorso davvero l’avrebbero rimandato tutto, e non interrotto a metà…);
5 – la mia errata convinzione che dopo un tot di anni di precariato, il ruolo mi dovesse arrivare ad honorem, di default, per usucapione, tipo completamento scheda bollini Esselunga: “10 anni? Toh, ruolo e 50 punti Fidaty!”;
6 – l’aver studiato una sega di una beata favazza di nulla (ma in questo provavo ad allinearmi alle implicite Linee Guida ministeriali: magari forse l’avrei superato, se avessi dimostrato un’incompetenza da prof vagamente paragonabile a quelle di Azzolina da ministra);
7 – e infine la spiacevole scoperta che la sede dove avrei sostenuto il concorso era un ITIS sperduto tra i monti del varesotto e i laghi del Canton Ticino, confermando in me la convinzione che avrei fatto prima a prendere la cittadinanza svizzera e la certezza che la macchina organizzativa alle spalle del concorsone era alimentata da una manica di imbecilli che manco le Sturmtruppen. Sì, perché la gente di Varese è invece venuta a fare il Concorso nell’ITIS sotto casa mia a Milano: la modalità di ripartizione dei candidati nelle sedi d’esame non era infatti ispirata a un ragionevole e prudente criterio di vicinanza al domicilio, no: ma a un kafkiano e allucinante ordine alfabetico! Nella fattispecie il mio ITIS si trovava a Busischio di VIGGIÙ, località provvista sicuramente di una caserma dei pompieri (ça va sans dire), ma NON di stazione, taxi, pullman e strutture di ospitalità, foss’anche la capanna del Bambin Gesù. “Va be’, parto la mattina presto dello stesso giorno”, penso… Ma c’è il coprifuoco, i vigili del medesimo di Viggiù già me lo sento che non saranno comprensivi, per cui mi tocca partir dopo le cinque… ma così, calcoli alla mano, non sarei arrivato per l’orario richiesto… quindi mi risolvo a partire la sera prima, con l’elevata probabilità di dormire all’addiaccio, e lasciando sgorgare da cuore i versi del poeta:
VEGLIA
Un’intera nottata
buttato vicino
a un Istituto
Tecnico Industriale
tra i monti
con la sue aule
sanificate
volte al concorsone
con il tampone
dei nostri alunni
penetrato
nei banchi a rotelle
ho scritto
la notte prima
per ripassare, fogli pieni
di UDA, lezioni
simulate, metodologie
didattiche
Non ho mai mandato
così tanto
affanculo
Azzolina
-“Sì, ma poi l’hai passato?”
Be’, la verità è che siamo in un po’ a pari merito e devono ancora capire se il mio portiere ha il piede più lungo di quello di altri sfigati ma con meno anni di insegnamento. No, sul serio, come è andata a finire… ve lo dico la prossima puntata. Ciao.