La morte di Giorgio Napolitano ha rivelato l’imbarazzo di Giorgia Meloni e dei suoi. Da Italia e mondo venivano apprezzamenti per la persona e l’uomo delle istituzioni. Da Palazzo Chigi un gelido cordoglio. La postuma riparazione ha reso più evidenti le distanze tra culture, storie, far politica e vivere la cosa pubblica, etica individuale e pubblica, rapporto col divino. Giorgio e Giorgia: accostamento strambo, obbligato per capire quanto accade in Italia, nelle relazioni internazionali e cercar rimedi. A Capo dello Stato Napolitano è giunto dopo aver fatto i conti con scelte personali e del suo partito, critica di ideali originari, trasformazioni del Paese, nuovi equilibri mondiali, tipi di sviluppo. Meloni non ha fatto passaggi autocritici umani, culturali, politici. A Palazzo Chigi l’han portata disaffezione verso partiti e disfunzionalità istituzionali, coerenza sua nello stare all’opposizione così che emergessero insuccesso di esecutivi precedenti e bisogno di cambiare, slogan mirati alla pancia della gente (immigrati, accise, Europa, atlantismo). Ma Giorgia e i suoi non hanno elaborato lutti, né revisioni; han bollato il fascismo, non visto i nessi con nazifascismo, Salò, Msi, frange eversive vicine alla fiamma tricolore. Han nutrito e portato con sé nostalgie, rancori, rivalse. Crisi mal gestite da figli e nipoti della Liberazione e mancate riforme han così consegnato il Paese agli ex missini, complici astensionismo, delusioni, ingiustizie sociali. Giorgia da animale politico ha intuito fragilità sua e del successo d’un anno fa. Giorgio morendo glie l’ha buttata in faccia con la memoria del 2013: lui menava fendenti ai parlamentari che l’avevano ricostretto al Colle non facendo le riforme e loro si spellavano le mani in applausi. Ipocrisia e incapacità di cui Napolitano prese atto due anni dopo: si dimise. Giorgia ora ha la maggioranza ampia, ma che riforme farà alleata con chi equipara nazisti invasori e migranti? L’ombra di Giorgio coi resistenti (da lui amati e citati) messi a morte dai nazifascisti aleggia sul Parlamento: «La politica e la cosa pubblica siamo noi stessi». Cosa altra da presidenzialismo, autonomia, decreti sicurezza, Europa prêt-à-porter di Giorgia e dei suoi.
Giorgio & Giorgia
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Marco Garzonio
Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.