È l’ora di una industria farmaceutica pubblica ? Assolutamente sì. Non si tratta di nazionalizzare tutta l’industria farmaceutica, ma di creare un contrappeso e una garanzia di fronte allo strapotere delle multinazionali del Big Pharma.
I vaccini per il Covid 19 devono essere sicuramente “bene comune”, come richiesto e rilanciato recentemente da associazioni e campagne e quindi sottratti alla logica di mercato. Si tratta però di fare anche un altro passo: verso la creazione di una industria farmaceutica pubblica. Gli stati già spendono molti soldi per investimenti in ricerca e in sostegno diretto e indiretto alla industria farmaceutica privata.
Proprio un anno fa Mariana Mazzucato ha ricordato sul New York Times che dopo l’epidemia SARS del 2003, gli Stati Uniti hanno speso 700 milioni di dollari per la ricerca sul coronavirus, investimenti di cui hanno poi beneficiato le imprese del Big Pharma. Sul sito di Sbilanciamoci Guglielmo Ragozzino ha raccontato efficacemente l’avventura e la fine dell’industria farmaceutica nazionale e oggi esiste una sola industria farmaceutica pubblica, lo Stabilimento farmaceutico militare di Firenze.
Nel 2019 la spesa farmaceutica in Italia è stata di poco superiore ai 30miliardi di euro di cui il 76% è stata rimborsata dal Servizio sanitario nazionale (SSN). Ogni anno l’SSN rimborsa 390 euro pro-capite delle spese per i farmaci. Molte risorse pubbliche vengono destinate alla ricerca scientifica utilizzata e finalizzata alla produzione dei farmaci delle imprese private. Poi subentrano i brevetti, che blindano i farmaci ad una pura logica di mercato.
Riproporre i vaccini e i farmaci “salva vita” come “bene comune” è dunque prioritario ed è importante firmare la petizione che lo richiede. Nello stesso tempo è fondamentale ricondurre alla produzione pubblica alcuni farmaci “salva vita” e le attrezzature sanitarie cruciali (come i respiratori per le terapie intensive) per sottrarle ai vincoli e spesso ai ricatti del mercato. La vicenda della produzione e della distribuzione dei vaccini per il Covid19 ne è testimonianza: il mercato si muove inseguendo l’interesse privato, non quello collettivo e umanitario.
I vaccini vengono venduti a chi paga di più (anche ignorando i contratti firmati) e non a chi ne ha più bisogno. È ancora una incognita come e quando verranno vaccinate le popolazioni dei paesi più poveri. Ecco perché a livello globale e a livello nazionale la produzione dei vaccini e dei farmaci non può essere lasciata solo al mercato. Serve, in Italia, una industria farmaceutica pubblica.