Si sapeva. Lo sapevamo. Era certo che andasse così, i sondaggi, le cause, gli errori, i problemi, l’astensionismo. E dall’altra parte la ‘novità’, le promesse, ma anche quelli che non ci sono più e che stanno in tanti cuori, l’opposizione che comunque fa premio eccetera eccetera.
Si sapeva. Lo sapevamo. Ma le cose, pure quelle attese o risapute, hanno il difetto di accadere quando accadono e di produrre, in quel momento, il loro effetto. E il gusto del risveglio del 26 settembre 2022 è stato più amaro di quanto avessimo saputo immaginare e c’è voluto qualche giorno per riprendersi un po’. E sarà anche ‘ragionevole’ la destra che ci governerà perché altrimenti dura poco, non farà cose eclatanti perché i soldi non ci sono e perché ha tutti gli occhi addosso a partire dall’Europa ma, come su Tiktok ha detto nella domenica elettorale Meloni maneggiando due eloquenti cucurbitacee, ‘ci siamo capiti’. E quel ‘ci siamo capiti’ – lo sappiamo da quando gli adulti lo dicevano a noi bambini – contiene sempre un che di avvertimento. Da ora la musica cambia e se non è domani è dopodomani per mettere a segno, un pezzetto dopo l’altro, ciò che questa destra ha in mente. Lo scrivo oggi, giornata mondiale per un aborto sicuro, non perché sia convinta che Meloni picconerà la 194, ma perché penso che su un pacchetto di questioni ‘identitarie’ che rimandano al ‘Dio, patria e famiglia’ la destra procederà lentamente ma inesorabilmente a erodere diritti faticosamente conquistati, mai del tutto acquisiti o a sbarrare la strada ad altri che potrebbero farci più civili.
E noi, dopo la sberla? Ho, come tantissimi, passato gli ultimi giorni ad ascoltare e leggere analisi del voto, flussi elettorali, commenti, propositi e opinioni – molte condivisibili e interessanti – su come rimettere in sesto quel fronte progressista che esce con le ossa rotte da queste elezioni. Non mi iscrivo tra quelli il cui obiettivo principale, prima e dopo il voto, è sparare sul Pd: credo che nessuno, da questa parte della barricata, possa dirsi esente da pesanti responsabilità e non da ieri e tantomeno credo ad un elettorato ‘innocente’ al cospetto di una politica cattiva, lontana, elitaria eccetera eccetera. Rimetterci in marcia, e sarà lunga come ha scritto Michele Serra, significa radiografare anche il nostro cambiamento, di noi cittadine e cittadini dico, senza autoassoluzioni a priori.
Se ci sono due parole che mi piacerebbe tenere ferme, ora che ci rimettiamo in cammino, sono razionalità e coraggio. Razionalità, perché continuo a credere, davanti alla grandezza dei problemi da affrontare, che debba accompagnare ogni orizzonte di cambiamento affinché non sia velleitario: difetto vecchio a sinistra, diciamocelo.
L’altra parola che mi tengo vicina è coraggio: è vero siamo stati responsabili (e non è un insulto, tutt’altro) ora tocca essere coraggiosi, non mollare di un centimetro, rispondere su ogni questione, presidiare i diritti, difendere ogni conquista e rilanciare un’alternativa. Lasciare, per chi vi si è accucciato in questi anni, la comfort zone dei simili a sé, peraltro in calo e pure assai divisi. Il giorno delle elezioni ho ricevuto una telefonata: dall’altra parte un ventisettenne a me caro che, diciamolo, di questa politica se ne infischia abbastanza. Un ventisettenne che invece aveva votato contento e che contentissimo è stato lunedì nel vedere eletta al senato Ilaria Cucchi. Presto detto perché: lì c’è coraggio, lì c’è perseveranza nell’affermare le proprie ragioni e questo parla e convince.