La notte di Halloween è passata. Non sono venuti a bussare alla mia porta – per fortuna – lupi mannari, zombie o Micheal Myers vari. Sono quindi tranquillo e posso pensare a come questa festa sia diventata per i miei ragazzi un punto fermo. Un appuntamento non solo imperdibile ma anche consueto, tradizionale. In pochi anni, tutto sommato. Quando ero bambino io – e non è che abbia l’età della Mummia, eh… – se ne sentiva a malapena parlare. Al massimo, ma proprio al massimo, era una citazione in qualche cartone animato americano, tipo Scooby Dooh. La zucca con la faccia, ecco, sì, qualcuna la si vedeva nei “telefilm” ( le “serie”, dai, avete capito maledetti ragazzini) o in certe vetrine del centro come decorazione autunnale. Ma niente di più.
Ieri sera Halloween si è sdoppiata. Il ragazzo medio-grande al mare, il ragazzo medio-piccolo a fare “dolcetto o scherzetto” a casa di un compagno di scuola. Francesco era nientemeno che sulla riviera romagnola. I genitori di uno dei suoi amiconi hanno un appartamento e lo hanno invitato a passare con loro il ponte. Mi ha telefonato, verso sera. Era felice, si sentiva dalla voce. Si sentiva anche la risacca delle onde. Il mare, d’inverno. (“è un concetto che il pensiero non considera”). Mi ha mandato le foto. Niente festa, dunque, quest’anno. Del resto, è nell’età di mezzo per cui a travestirti da Dracula ti senti un deficiente e però per ballare tutta la notte da qualche parte sei ancora troppo piccolo. E quindi, perfetta soluzione: la maratona di film horror con l’amico, vista mare. Che poi dalla battigia può sempre arrivare un qualche essere armato di machete, capita.
Il medio-piccolo, invece, era reduce dalla partita di campionato della sua squadra. Pare abbia segnato cinque goal. Mi sembra fin troppo eppure giurano che sia vero. Alla festa della sera è arrivato euforico. Lo si vede dalle foto che puntualmente sono arrivate. Faccette insanguinate, occhietti sbarrati, ragnatele, maschere, nero, rosso e arancio. Bottiglie di Coca cola, biscottini.
In effetti, per i ragazzini è una ricorrenza del tutto acquisita. C’è Halloween, poi Natale, poi Carnevale. Anzi, forse ancora più del Carnevale stesso. Non manca una parte commerciale naturalmente, che ha spinto perché ci fosse una festa in più, che fa sempre comodo. Ma, del resto, ai primi di ottobre sugli scaffali dei supermercati ci sono già pandori e panettoni. E li avete comprati, dai, non dite di no. E il 7 gennaio arrivano i coriandoli. Quindi, niente di nuovo. Però Halloween per loro sembra avere una marcia in più. Forse perché si può fare paura e prendere un po’ di paura, senza farsi male. Si esorcizza la paura. La si incamera, la si disarma diluendola in un bicchiere di succo di frutta nel bicchiere decorato con i pipistrelli.
Mi viene in mente che di paura ne hanno avuta, questi ragazzini. Di ammalarsi, che si ammalasse la nonna, di non andare più a scuola, di vedere gli amici solo con una videochiamata, di non fare più goal. Brutte cose. Molto peggio di un vampiro o di una mummia vivente. E allora, che bello vedervi, lì, a correre su e giù per le scale con i cestini a forma di zucca pieni di caramelle. Che se poi vi apre una strega, bé, saprete affrontarla: avete passato di peggio.
Quanto a me, la sera di Halloween, ho suonato a un amico che mi ha aperto indossando degli occhiali finti con disegnati sulle finte lenti degli occhi mostruosi.
“Dolcetto… o apro il bianco?”
“Meglio il Dolcetto”.
“Ok, stappo”.