Dobbiamo molta gratitudine alla famiglia di Giulia Cecchettin, a suo padre, a sua sorella Elena, a suo fratello Davide. Gratitudine sincera, perché ci hanno mostrato, in questo lungo, drammatico tempo trascorso tra la scomparsa di Giulia e i suoi funerali, come si può essere e sentirsi cittadini e cittadine, ovvero parte pensante, attiva, critica di una comunità in ogni momento, anche il più doloroso, della propria vita. E come si può lasciare un segno pubblico, politico, duraturo di un dolore privato.
Dobbiamo gratitudine ad Elena, che ha rotto lo stereotipo che vuole il lutto silente, per dire che la morte di Giulia è un femminicidio, che ha per retroterra una cultura sistemica e una diseguaglianza feroce: opera non di ‘mostri’ ma di ‘bravi ragazzi’ – come Filippo Turetta, reo confesso ora in carcere. Una cultura diffusa che ha per obiettivo la libertà delle donne, proprio quella esercitata da Giulia lasciando il fidanzato ossessivo e possessivo. La voce di Elena ha risuonato forte, è stata ascoltata, ha motivato ad andare in piazza il 25 novembre ed è entrata in un discorso pubblico che, nelle ultime settimane, ha registrato uno scatto di consapevolezza e ha squadernato sul tavolo tanti temi: la questione maschile, l’educazione all’affettività, la prevenzione, la tutela delle donne, il racconto sui media della violenza di genere.
Dobbiamo gratitudine a Gino Cecchettin, alle parole che ha saputo trovare oggi, giorno dell’addio più straziante che non solo un genitore, ma un qualunque adulto può immaginare: il saluto a una giovane figlia, a una giovane donna piena di vita e di desideri. Anche lui ha rotto lo schema con cui spesso i media dipingono i familiari delle vittime di morte violenta, stretti nell’unica tagliola di un “perdono” da concedere o negare. Gino Cecchettin si è tenuto lontano da tutto questo ed è stato capace di un discorso pieno di amore e dolore per sua figlia e di lucidità sul contesto in cui la sua morte si colloca, sulle responsabilità degli uomini e dei decisori politici. E non ha dimenticato la speranza che tutto questo dolore possa servire a noi tutti, in questo paese, per realizzare un disegno di convivenza tra uomini e donne più giusto e più eguale.
Dobbiamo gratitudine infine anche al silenzio di Davide, giovanissimo fratello di Giulia: lo abbiamo visto ascoltare suo padre stringendosi ad Elena, l’unica sorella che gli è rimasta. E il loro abbraccio ci ha ricordato quanto è importante volersi bene e potersi abbracciare quando si soffre la perdita.