Cronache dal mondo che verrà

Con il summit di Biden, crisi climatica di nuovo al centro della scena politica mondiale

Il Presidente Biden fa sul serio sul clima: questo è il messaggio che la nuova amministrazione USA ha voluto dare a Capi di Stato e di Governo, ma anche interlocutori economici e sociali, invitati virtualmente alla Casa Bianca in occasione della Giornata della Terra. Gli USA hanno annunciato il nuovo obiettivo di taglio delle emissioni del 50-52% entro il 2030 dai livelli del 2005, quasi raddoppiando il l precedente impegno per il 2025: era anche un modo per motivare i grandi emettitori presenti ad assumere impegni di azione immediata e un percorso reale di completa decarbonizzazione entro la metà del secolo . Da altri leader sono venuti segnali importanti, nuovi impegni, e anche il proposito di eliminare gradualmente l’uso del carbone da parte della Cina; ma i cambiamenti strutturali che mirino a un’economia a zero emissioni di carbonio sono tutti da attuare, soprattutto per essere credibili sul segnale di maggiore importanza scaturito dal Summit, e cioè la volontà di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.

Nel Summit e stato anche evocato l’idrogeno , specie dai paesi a economia fossile, a volte definito “verde”, ma in realtà in molti casi legato appunto ai combustibili fossili. Per questo noi ambientalisti preferiamo chiarire “da rinnovabili”. Di idrogeno parlerò qui tra qualche giorno, perché il nostro dibattito pubblico, abilmente guidato dai detentori degli idrocarburi. pare aver scoperto la bacchetta magica, ma basta poco per capire come in realtà mascheri la tenuta in vita dei combustibili fossili e delle aziende a essi legate.

Naturalmente la vera transizione ecologica ha bisogno di ben altro: prima di tutto della chiara volontà di uscire dal carbonio in modo strutturale. Ma poi di una reale volontà di affermare un diverso modo di consumo e di produzione, votato innanzi tutto al risparmio e all’uso efficiente di risorse ed energia, alimentato da fonti rinnovabili.

Per fortuna, molti sono i cambiamenti positivi già in atto. Una delle trasformazioni più evidenti è nei portafogli della finanza privata, che si stanno allineando alle indicazioni della comunità scientifica. La Glasgow Financial Alliance for Net Zero, annunciata ieri, intende raccogliere le tante iniziative di finanza verso il carbonio zero, sia quelle esistenti sia quelle nuove, in un forum strategico di settore. I paesi che leggono questi segnali e agiscono immediatamente, saranno in vantaggio.

Dal Summit usciamo con la consapevolezza che i prossimi mesi saranno davvero molto importanti. Non sappiamo bene se essere orgogliosi o preoccupati, perché il nostro Paese avrà un ruolo di grande rilievo, a partire dalla presidenza G20, un forum informale che potrebbe però aprire la strada a misure concordate per la decarbonizzazione come l’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili, l’aumento delle tasse sul carbonio e altre misure strutturali di decarbonizzazione.

Basta che non portiamo nel G20 (e nella COP26) dinamiche e visioni a breve termine tipicamente nazionali. al contrario ci auguriamo ci scopriremo capaci di capire e promuovere il cambiamento reale. Per questo contiamo anche sui giovani.

  • Mariagrazia Midulla

    Responsabile Clima ed Energia del WWF Italia. Impegnata sin da giovanissima sui temi sociali, della salute e dell’ambiente, è stata poi comunicatrice professionista per oltre 20 anni. Successivamente è diventata responsabile delle Campagne Internazionali del WWF, occupandosi in particolare di Cambiamento Climatico e di Sostanze Chimiche Tossiche, per poi diventare responsabile del Programma Clima ed Energia del WWF Italia. Lavora anche nel team internazionale del WWF, col quale dal 2001 segue i negoziati internazionali della UNFCCC, i negoziati G7 e G20, le conferenze su Ambiente e Sviluppo (Rio+). È attiva da decenni anche sulle politiche europee. Ha guidato, tra l’altro, la campagna “Stop al carbone, Sì al Futuro” del WWF, in collaborazione con altre associazioni e gruppi locali di cittadini.

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    L'economia del sud cresce di più di quella del nord. E l'autonomia differenziata, ovviamente, non c'entra niente. Pubblicato ieri l'ultimo rapporto Svimez sul Mezzogiorno. Pil Mezzogiorno: +0,9%. Pil Centro-Nord +0,7%. L’economia del sud cresce di uno “zero virgola” più del nord, ma a trainarla non sono tutte cose buone: le costruzioni (ma anche il consumo di suolo), gli investimenti del PNRR (una tantum). Ma sul sud continuano a pesare ritardi storici: i salari reali nel Mezzogiorno restano più bassi del nord; al sud si concentra il 60% dei lavoratori e delle lavoratrici poveri/e (1,4 milioni). E il governo cosa fa per superare i divari, escluso il dannosissimo progetto sull’autonomia differenziata? Ben poco, se si guarda la piattaforma dello sciopero generale di Cgil e Uil di domani. Che idea ha del lavoro il governo Meloni? Che cosa esprime la sua rivendicata attenzione prioritaria verso le imprese (“non disturbare chi vuole fare”)? Cosa significano le precettazioni sistematiche contro i lavoratori dei trasporti? E se tutto questo è vero, risulta così incompatibile con l’ordine pubblico la dichiarazione di Maurizio Landini, leader della Cgil, sulla rivolta sociale? Pubblica ha cercato di rispondere a questi interrogativi con la professoressa Giustina Orientale Caputo, sociologa del lavoro nella capitale del Mezzogiorno, all’università “Federico II” di Napoli.

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