«Sto facendo la lavandaia, l’ortolana e la cuoca perché la nostra cameriera strapagata e messa in regola con tutti i contributi ci ha lasciato di punto in bianco».
La frase della senatrice Monica Cirinnà, in un’intervista al Corriere di ieri, ha provocato un po’ di rumore, non sempre garbato.
Ma al netto delle maleducazioni sui social e altrove, ci ricorda che un problema c’è e non riguarda solo Cirinnà ma buona parte della sinistra o almeno quella di palazzo.
È la questione centrale dei diritti civili e sociali, del loro contrapporsi o invece del loro intercciarsi.
Dei diritti civili il Pd e proprio Cirinnà si sono fatti portabandiera, dalle unioni omosessuali al ddl Zan.
Dei diritti sociali, purtroppo, molto meno: come se fossero appunto contrapposti a quelli civili.
Nessuno, s’intende, può essere impiccato a un’uscita infelice, ma l’immagine della signora abbiente che dalla sua tenuta a Capalbio si lamenta della servitù forse non è del tutto casuale: se la sinistra si esprime così, vuol dire che ha dimenticato una parte costituente della sua ragion d’essere, ha dimenticato che milioni di persone, soprattutto donne, fanno la lavandaia e la cuoca nella loro casa 365 giorni l’anno, spesso anche con un lavoro fuori per riuscire a campare.
Diritti civili e diritti sociali viaggiano insieme, se si è davvero progressisti.
Non c’è alcuna contraddizione, se non nella mente e nel cuore di chi non ha più la visione del reale, delle cose fuori.