Mia cara Olympe

Caso La Russa, chi sta dalla parte delle donne?

Una ragazza si sveglia, intontita, in un letto che non è il suo: i suoi vestiti non ci sono, accanto a lei un ragazzo, alla porta si affaccia un signore, il padre, e poi se ne va. Ricordi confusi e oscuri che si fermano molte ore prima, all’incontro in una discoteca che i giornali definiranno, ahinoi, ‘esclusiva’. Paura, sgomento, cos’è successo, la chat con l’amica che ricuce qualche frammento, forse sei stata drogata, scappa, il ragazzo che pretende un bacio per farla andare… Poi la metropolitana per tornare a casa e una madre che, ascoltato il racconto, fa quello che a Milano si può fare: accompagnare la figlia in un posto in cui l’accolgono come va accolta una donna traumatizzata e spaventata. Ovvero con cura, attenzione, competenza affinché la trafila delle visite e degli esami – importanti, fondamentali ai fini di ciò che accadrà dopo, ovvero il coté giudiziario, laddove lei decida di denunciare – avvenga in condizioni di sicurezza e rispetto.

Che la scena sopra descritta sia quella che domina la cronache e che vede indagato per violenza sessuale il figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa è ovvio, ma renderla anonima serve a illuminare un altro aspetto della storia: ed è quello di ciò che accade o non accade dopo una scena che, in molti modi diversi, è storia di ogni giorno, è storia di tante donne. A chi ci si rivolge, chi soccorre, cosa succede ad una donna vittima di violenza, in un paese in cui abbiamo (anche) un serio problema di vittimizzazione secondaria. Ovvero di una risposta istituzionale come del sistema dei media non all’altezza e che spesso scredita le vittime, applica il pregiudizio e lo stigma sui  loro comportamenti – lo vediamo in queste ore da commenti e tweet, l’Italia è stata peraltro già condannata nel 2021 dalla Corte di Strasburgo per i toni usati in una sentenza su uno stupro di gruppo –  e in ultimo scoraggia le denunce. Nel 2006, il settimanale Diario dedicò un numero monografico alla violenza contro le donne e in uno degli articoli vennero intervistate e ascoltate quelle che chiamammo le soccorritrici: sì, tutte donne – poliziotte, ginecologhe, avvocate, operatrici dei centri antiviolenza – perché in Italia la violenza maschile contro le donne è affare delle donne da qualunque lato la si guardi e con buona pace delle marce antiviolenza degli uomini annunciate in altri tempi da La Russa e ora ricordate dalla ministra Eugenia Roccella. Il racconto delle soccorritrici confermava quanto delicato, profondo e necessario fosse il loro lavoro e l’ascolto delle donne e quanto farlo avesse profondamente cambiato loro stesse che, pure, erano e sono professioniste formate.

L’importante intuizione, sul finire degli  anni ’90, di Alessandra Kustermann, ginecologa della clinica Mangiagalli di Milano, è stata appunto questa: mancava  un luogo dedicato ad accogliere nell’immediato le donne e a mettere a disposizione gli strumenti e le competenze mediche, legali e psicologiche per affrontare l’accaduto e per sostenere ciò che eventualmente decidono, ovvero di rivolgersi all’autorità giudiziaria. L’enorme lavoro svolto in questi anni dal Servizio violenza sessuale della Mangiagalli ha permesso di affinare le procedure – non per caso Cristina Cattaneo guida l’équipe medico-legale – di aprire un altro servizio dedicato alla violenza dentro le mura domestiche, di rispondere come si deve e a tutto tondo – anche dal punto di vista legale –  ai circa 900 casi l’anno, come racconta al Corriere della sera Kustermann sottolineando che il 40% delle donne denuncia e in nove casi su 10 viene condannato il colpevole. Ma aldilà dei numeri delle denunce e dei procedimenti – è libera scelta delle donne decidere come superare la violenza subìta e se adire o no la via giudiziaria –  l’esperienza di Svs, insieme al lavoro dei centri antiviolenza, mostra la strada da percorrere, che è tanto concreta e di supporto alle vittime quanto necessariamente culturale, di formazione e di prevenzione della violenza sin dai banchi di scuola.

Insomma una buona pratica quella di Svs che dovrebbe essere norma in tutto il paese, disponibile non solo per quella ragazza di Milano ma anche per le sue coetanee e le donne di altre città e luoghi: altro che marce – non ci si stancherà di ripeterlo – servono politica, competenze, denari.

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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    Da tempo pensavo a un nuovo programma, senza rendermi conto che lo avevo già: un archivio dei miei incontri musicali degli ultimi 46 anni, salvati su supporti magnetici e hard disk. Un archivio parlato, "Ricordi d'archivio", da non confondere con quello cartaceo iniziato duecento anni fa dal mio antenato Giovanni. Ogni puntata presenta una conversazione musicale con figure come Canino, Abbado, Battiato e altri. Un archivio vivo che racconta il passato e si arricchisce nel presente. Buon ascolto. (Claudio Ricordi, settembre 2022).

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    “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Secondo episodio: La guerra non è popolare. L’Europa si riarma con 800 miliardi. In questi anni aveva già raddoppiato la propria quota di spese militarti, soprattutto comprando dagli Stati Uniti. Lo faremo di più, visto che Trump disinvestirà dalla Nato e dall’Europa. E’ la “fine delle illusioni”, come dice Von der Leyen, di essere garantiti dalla pace, perché d’ora in poi bisognerà usare la forza. E intanto si educa la popolazione con manuali che dicono: “In caso di guerra…”. La propaganda è altissima perché non c’è nulla di più antipopolare e antidemocratico della guerra e la militarizzazione d’Europa è tutta sulle spalle dei suoi cittadini. Con Michele Paschetto di EMERGENCY vi racconteremo come in Afghanistan in più di venti anni di guerre le cure abbiamo svolto un ruolo straordinario di mediatore. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    Ho detto R1PUD1A di Claudio Jampaglia e Giuseppe Mazza per EMERGENCY “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Primo episodio: Le parole sono importanti. In questa prima puntata di “Ho detto R1PUD1A” Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia spiegano cosa significa la parola “ripudia” nella Costituzione italiana e perché è stata scelta per rappresentare il “mai più” alla guerra del popolo italiano dopo la Liberazione. Non siamo i soli ad avere fissato questo principio nelle nostre leggi. La guerra però sta tornando una prospettiva concreta, almeno secondo la maggior parte dei governi, che si riarmano, Italia compresa. Con Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY, vi racconteremo poi l’esempio del Sudan, il Paese dove la guerra ha già causato in questi due anni oltre tre milioni di profughi. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    La Pillola va giù di domenica 20/04/2025

    Una trasmissione settimanale  a cura di Anaïs Poirot-Gorse con in regia Nicola Mogno. Una trasmissione nata su Shareradio, webradio metropolitana milanese che cerca di ridare un spazio di parola a tutti i ragazzi dei centri di aggregazione giovanili di Milano con cui svolgiamo regolarmente laboratori radiofonici.

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    C'è Di Buono: Max Casacci racconta Eartphonia III: Through the grapevine

    Anche in questa puntata parliamo di qualcosa che ha a che fare con la cultura enogastronomica, ma anche, molto, con la musica. Per la prima volta il caro Max Casacci (già colonna dei Subsonica) è stato ospite di un nostro programma non prettamente musicale, per raccontare il terzo episodio del suo progetto "Eartphonia", che lo ha portato in Franciacorta per "Through the grapevine", realizzato con i suoni del vino; suoni e rumori catturati nelle cantine dell'azienda vitivinicola Bersi Serlini Franciacorta. A cura di Niccolò Vecchia

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