Ai grandi eventi, nella storia, son sempre seguiti riti di riparazione. Non disporremmo del teatro greco; eroi ed eroine in scena, a far da contrappunto il coro: la comunità rivive il trauma; nasce la coscienza collettiva; gli individui son messi in condizioni di vedere gli errori e cambiare. È la catarsi. Presto andrà fatto qualcosa del genere, sapendo che gli dei che muovono bene, male, passioni, interessi son scelte e inclinazioni nostre.
La pandemia non può finire “all’italiana”: la verità resta nell’ombra; si fa una Giornata in memoria di questa o quella tragedia; nessuno di chi ha avuto parte attiva od omissiva risponde. In Lombardia esistono le premesse per chiamare pubblici amministratori a dar conto di atti che non hanno evitato vittime e han pure creato sofferenze, stress, umiliazioni.
Si pensi agli anziani fatti aspettare mesi, mandati a fare il vaccino a decine di chilometri, non immunizzati anche se allettati, con Medici di famiglia che rispondono (quando lo fanno): «Non ne sappiamo nulla» e farmacie adibite solo a fare i sostituti compilatori di moduli per anziani senza pc. Esperti di diritto individueranno i modi per esercitare una sorta di Class Action che risarcisca gli anziani dei diritti a salute e dignità calpestati; i sindacati, dei Pensionati magari, batteranno un colpo per riconquistare contatti con base e territori; le opposizioni non si giustificheranno più col dire: Fontana, Moratti, Bertolaso «fanno quel che vogliono» e i media «non ci ascoltano».
Il 18 marzo c’è stata la 1ᵃ Giornata della Memoria per i morti di Covid. La politica è brava nel fissare ricorrenze: nella contrizione si fa appello a sentimenti, che nulla costano o cambiano. Coincidenza: il 18 marzo 1848 iniziarono le Cinque Giornate. Carlo Cattaneo sollecitava i milanesi a insorgere e liberarsi da occupanti e oppressori: «Vi è dunque così molesto d’essere, una volta in vita, padroni di voi?».
Ecco, Milano può prepararsi alla prossima ricorrenza avviando una Class Action, con catartica lettura del proprio Spoon River: poesia di chi «ha sete e fame di giustizia», bisogni che qualcuno dovrà esser chiamato a saziare, restituendo umanità, realizzando prevenzione, mandando a casa inetti e profittatori.