Non so se avete presente il concetto di “manifestazione colorata e festosa”.
Bene, ora immaginatevi il contrario. Una manifestazione grigia, cupa, con gli angoli della bocca all’ingiù e una frustrazione sottile nell’aria, con dentro un senso di solitudine per la vaga consapevolezza che il mondo è da un’altra parte.
Ecco, lo so: i lettori no pass qui si sono già arrabbiati, “giornalista terrorista”, schiavo, gregge, al soldo di Draghi.
Però ragazzi, oggi a Roma era così, e vi giuro che al Circo Massimo ci ero andato da contrario, certo, ma con spirito curioso, e perché un’amica che ci va da mesi a questi cortei mi aveva detto “vacci, così la smetti di dire che sono fascisti”.
Vero, di fascisti ce n’era qualcuno – con i loro capelli rasati e i loro giubbotti di pelle nera – ma pochini, infima minoranza. Il resto era gente comune che metteva insieme le proprie frustrazioni e le proprie solitudini.
Gente che ha vissuto male – malissimo – quello che è successo nell’ultimo anno e mezzo.
Le chiusure, anzitutto – “eravamo prigionieri in casa, e il governo mi proibiva anche di andare a trovare mio figlio a Rieti”.
E le restrizioni, le mascherine, e le code al supermarket, e le pizzerie chiuse, gli stadi chiusi e tutto il resto.
E di qui la rabbia verso l’obbligo in generale, dopo tutti quegli obblighi così dolorosi, quindi anche verso l’obbligo di green pass, per viaggiare, andare alla partita o in treno, adesso pure al lavoro.
Poi boh, se c’entra l’impoverimento, non so. Questo davvero non so. Non era certo gente ricca, quella al Circo Massimo. Tipo terzo anello di San Siro, si diceva con il collega Luigi Ambrosio. Cappotti dell’Ovs in cui rinchiudersi con le braccia conserte, per capirci.
Ma nemmeno sembrava proletariato, ecco. Almeno non al Circo Massimo. Direi più piccola borghesia disagiata. Forse anche di qui la tristezza del tutto.
E poi, naturalmente, gli approfittatori del disagio, sul palco.
Stanno dietro un servizio d’ordine con l’aquila come simbolo sul petto “nun so perché, è er marchio della ditta ma nun c’entra con ‘a Lazio”, mi spiega un ragazzo che sorveglia.
Poi arriva al microfono un avvocato che ha fatto stampare e distribuire bandiere col suo nome. Si chiama Edoardo Polacco, un anno fa ha denunciato penalmente Conte per il lockdown, poi sosteneva che i vaccini erano magnetici, è diventato famoso con i suoi video furenti su Youtube.
Ci sa fare, sul palco, l’avvocato, chiama subito lo slogan “libertà libertà”, la piazza lo segue. E lui spiega quanto è bravo a difendere in tribunale i diritti di chi non ha il pass, un po’ di pubblicità non guasta mai, per quando scenderà la schiuma.
Poi questo Polacco attacca i sindacati “assenti e venduti”, dice che fino a sabato scorso lui non sapeva nemmeno dove sta la sede della Cgil.
Dice che il nemico del popolo (e “noi siamo il popolo”) è il governo e sono “i giganti della politica”, e “il gigante dei giganti è Brunetta” – qui siamo a Roma, è pieno di gente che sta nella Pubblica amministrazione e Brunetta sta sul culo a tutti, quindi coro di fischi contro Brunetta, l’avvocato ha fatto centro.
E quindi si avvia contento alla fine, dicendo che siamo in diecimila – non sembrerebbe proprio, direi a stento un terzo anche se il Circo Massimo è enorme e li fa sembrare meno, ma non mi inoltro certo nella guerra dei numeri.
E chiude, l’avvocato Polacco, presentando l’oratore successivo, un medico no vax, e “noi lo amiamo”, ma “attenzione a me piacciono le donne e mi dispiace per quelli che non sono eterosessuali”.
La tramontana gelida batte forte mentre il sole di Roma se ne va, ci si stringe nei cappotti – frustrazione, solitudine, disagio.