Il mio primo, immediato pensiero, ascoltata la notizia, è stato: non si stancano mai. Non si stancano mai, ci provano di continuo ora qui e ora lì, in tutto il mondo. E spesso ci riescono. Stavolta, a calare nuovamente la mannaia sul corpo e sulla vita delle donne, racconta lo scoop di Politico, è la Corte suprema americana: se la bozza della decisione dell’organismo, che grazie alle nomine di Trump è in salde mani repubblicane, verrà confermata in metà degli Stati Uniti non si potrà abortire o verrà fortemente limitata la possibilità di farlo. Un salto indietro di 50 anni, al 1973, a quella ormai famosa sentenza Roe vs Wade che a livello federale garantisce l’interruzione di gravidanza.
Non si stanca mai il fronte antiabortista e quanti di questi tentativi, a diversi livelli di gravità, abbiamo visto agire negli anni: in Italia dove siamo scese in piazza ancora e ancora per rintuzzare gli attacchi alla 194, e poi in Spagna, in Polonia, in Brasile, in più di uno stato americano, ultimo l’Oklahoma, dove il governatore repubblicano Kevin Stitt ha tramutato in legge il divieto di aborto dopo la sesta settimana. Talvolta abbiamo vinto, altre perso, tutte siamo state noi a dovere, di nuovo e ancora, scendere in piazza.
Il titolo della Stampa di oggi 4 maggio è azzeccato: ‘Aborto, Medioevo americano’. E si potrebbe aggiungere infinito Medioevo, perché mai si ferma l’ossessione maschile per la libera scelta delle donne, che saldando istanze religiose, di destra, tradizionaliste e identitarie dalla Russia di Putin agli Stati Uniti fa prosperare i movimenti pro life. Sul Corriere della sera e sulla Stampa, oggi una madre e una figlia sembrano parlarsi a distanza: sono Erica Jong, l’autrice di Paura di volare, e sua figlia, l’analista politica Molly Jon Fast: immagino il suo sconforto, dice la seconda, se è triste per noi che con questo diritto siamo nate, è atroce per chi ha molto combattuto per ottenerlo. Atroce, atroce è la mannaia che cade sulla testa di tutte, delle madri e delle figlie perché a tutte manda a dire che i nostri diritti non sono per sempre, che la nostra libertà è continuamente sotto scacco e va contrattata e difesa. Ad alcune poi farà più male che ad altre: alle donne povere americane che hanno la sventura di vivere negli stati repubblicani, che non possono permettersi di assentarsi dal lavoro per andare nello stato che l’aborto consente, che non hanno né soldi né tempo. E non è difficile capire cosa faranno: metteranno a rischio la loro salute pur di interrompere una gravidanza che non vogliono e che siano i ‘consigli’ di Internet e non i ferri da calza di una volta non consola. Ingiustizia che si somma a ingiustizia, diseguaglianza che si somma a diseguaglianza.
Forse, dicono gli osservatori, la bozza resterà tale, forse a farla uscire sono stati i democratici e proprio per provocare una reazione e stopparla, forse i repubblicani sbagliano a esultare perché questa vicenda si ritorcerà loro contro. Forse, ma il dato resta: nel maggio del 2022 c’è ancora bisogno di lottare contro la crociata oscurantista sulla nostra libertà, madri e figlie, donne e, si spera, uomini. Questo attacco riguarda anche loro.