La notizia probabilmente l’avete già letta: il prossimo 26 settembre la piccola repubblica di San Marino andrà a votare in un referendum popolare per rendere legale l’interruzione di gravidanza. Ora è punita, sia per le donne che per il medico, fino a sei anni di reclusione. San Marino ha appena celebrato con il dovuto orgoglio la fondazione della repubblica datata 1291 e viene allora spontaneo chiedersi com’è possibile che qui, nel cuore della Romagna, abbia resistito finora un pezzo di Medioevo. Come altro si potrebbe definire una disposizione del genere che, in realtà, risale a 150 anni fa, ma che, va detto, è stata reiterata pari pari a metà degli anni ’70? La piccola repubblica aveva allora messo mano alla riforma del suo codice penale e, evidentemente immune al vento di rinnovamento che avrebbe portato in Italia all’approvazione della legge 194, si era limitata a ricopiare la norma ottocentesca che non prevede nessuna eccezione, neanche nei casi più dolorosi di una gravidanza che fa seguito ad uno stupro o di una grave malattia della donna o del feto.
E allora? Hanno taciuto in questi anni le donne di San Marino, hanno giudicato poco importante e comunque risolvibile in altra maniera, vista la contiguità con l’Italia, la questione? Assolutamente no. Ai microfoni di Radio Popolare, sui giornali che se ne sono occupati si è sentita e letta un’altra storia: di tanti tentativi negli ultimi 20 anni – Istanze d’Arengo si chiamano e sono uno strumento di democrazia diretta – finiti in niente, bocciati, oppure lasciati a prendere polvere nei cassetti. Fino a che, e passata pure la fase peggiore della pandemia, le donne di San Marino hanno deciso che era ora di dire basta e di raccogliere le firme, più di tremila e sono tante visto che a San Marino vivono 33mila persone, per ottenere un referendum che finalmente depenalizzi l’interruzione di gravidanza.
La verità è che sbagliamo noi. Anzi lo sappiamo benissimo, solo che facciamo fatica a farci i conti ogni volta: non solo quel Medioevo è vicinissimo – San Marino appunto – ma puntualmente qui e lì si risveglia – vedi il Texas di questi giorni, la Polonia di qualche mese fa e l’elenco, come si dice, è in costante aggiornamento. La crociata contro la libertà femminile, sul corpo delle donne e sulla loro autodeterminazione, talvolta in battaglia aperta, talaltra come a San Marino opponendo un muro di gomma, non finisce mai e tocca stare costantemente all’erta. Forti delle tante firme raccolte, vinceranno stavolta la battaglia le libere donne di San Marino. Titolò così, ‘Le libere donne di Milano’, il settimanale Diario, all’indomani di una grande manifestazione che ci portò in piazza in 150 mila nel 2006, ancora una volta mobilitate in difesa della legge sull’interruzione di gravidanza, quella volta minacciata da un governo di centrodestra. La manifestazione che ricacciò indietro quel tentativo oscurantista fu promossa da tante donne unite nell’esperienza di Usciamo dal silenzio, per chi scrive la più ricca esperienza di femminismo della propria vita. Uds l’abbreviazione, la stessa dell’Unione donne sanmarinesi che oggi promuove il referendum di San Marino. Solo una piccola, curiosa coincidenza, ma vale a dire che in questa battaglia restiamo in campo e che le donne di San Marino di certo non sono sole.