Ieri si festeggiavano i cinque anni dall’introduzione della legge sulle unioni civili in Italia.
Quella legge che secondo i suoi oppositori avrebbe dovuto far saltare in aria “la famiglia tradizionale”, perché la qualità del dibattito era di questo livello.
Una legge che sanò solo parzialmente un ritardo del nostro Paese, ultimo fra gli ultimi nell’Europa occidentale, a dotarsi di uno strumento legislativo a tutela delle coppie omosessuali.
Una vittoria che non ci potemmo godere appieno, perché quello stralcio sulle stepchild adoption, lasció indietro un pezzo della nostra comunità.
Le famiglie arcobaleno, i loro figli, la legge Cirinnà (e non certo per colpa della proponente) non è stata in grado di proteggerli e ancora oggi sono in balia di tribunali e sentenze per vedere riconosciuti i loro diritti.
Una ferita aperta che sanguina ancora.
Ecco perché ora davanti al dibattito in corso sul merito del DDL Zan, il Movimento LGBT non si può permettere nuovamente di farsi bastare che solo un pezzo della comunità abbia maggiori diritti. Questa volta, almeno questa volta, non si deve lasciare indietro nessuno.
Non potrà mai essere considerato accettabile che una legge che si propone il fine di cancellare una discriminazione, ne compia nei fatti lei stessa una, lasciando indietro le persone trans.
No, stavolta o tutti o nessuno.
L’ attacco inverecondo e violento intorno alla definizione di “identità di genere”, inserito nel testo del DDL è quello che manda ai matti la destra illiberale e quella parte infinitesimale della “sinistra for Pillon”.
Quella sulla quale noi non dobbiamo retrocedere di un millimetro.
Perché se non fosse per le nostre già granitiche convinzioni esiste già una sentenza(nr. 15138/2015) della Corte di Cassazione che stabilisce che non sono necessari interventi chirurgici per la rettifica anagrafica.
Sentenza che fa esplicito riferimento all’identità di genere, anzi al “diritto all’identità di genere inteso come interesse della persona a vedere rispettato nei rapporti esterni ciò che il soggetto è e fa”.
Sentenza che ridetermina le classificazioni e dentro le quali la comunità trans ci si ritrova.
Nulla che possa apparire come una minaccia per le donne biologiche, che corrono esattamente gli stessi rischi delle famiglie eterosessuali con l’introduzione della legge sulle unioni civili.
Zero.
Zero spaccato.
L’ allargamento dei diritti non peggiora mai la qualità del vivere civile d’un Paese, pare incredibile solo doverlo ricordare nel 2021, eppure…