La scena musicale di São Paulo è da tempo una delle più entusiasmanti del pianeta: complici un’area metropolitana di una ventina di milioni di abitanti, e una sedimentazione e un incrocio di culture, flussi migratori, storie che hanno pochi paragoni, a São Paulo i processi che vanno nel senso del sincretismo – una tendenza tipica della musica brasiliana – sembrano negli ultimi anni avere raggiunto nuovi e particolarmente consistenti stadi di maturazione, con una vitale commistione di generi, una corroborante mescolanza di alto e basso, una stimolante combinazione di ricerca e di comunicativa, che vengono proposti da una avanguardia diffusa, un tessuto di musicisti niente affatto avulsi dalla dimensione popolare della musica, ma che la innervano con una forte spinta all’innovazione e alla sperimentazione, e una vigorosa tensione all’energia dell’espressione.
Diversi dei protagonisti più significativi di questa scena hanno cominciato negli ultimi anni ad affacciarsi sul piano internazionale, e bastino i nomi del cantante e rapper Criolo, del gruppo Metá Metá, e della band Bixiga 70. Di quest’ultima formazione, nata nel 2010 e che un paio di anni fa si era messa in luce con il brillantissimo album Ocupai (per l’etichetta Mais um Discos), è ora uscito il terzo lavoro discografico, intitolato appunto III (etichetta Glitterbeat). Bixiga 70 prende il suo nome dal numero 70 della Rua Treze de Maio, sede dell’Estudio Traquitana, culla della band, nel bairro di Bixiga, caratterizzatosi nella prima metà del novecento come quartiere dell’immigrazione italiana: a Bixiga visse fra l’altro Adoniran Barbosa (1910-1982), famoso sambista, personaggio della radio, del cinema e poi delle prime telenovelas, i cui genitori erano immigrati dalla provincia di Venezia (nel quartiere gli è intitolata una via).
Dai tempi di Barbosa a Bixiga 70 molta acqua è passata sotto i ponti e se – come denunciano i cognomi – le origini dei componenti della formazione sono molto miste, Bixiga 70 è però una delle testimonianze dell’importanza nella scena musicale paulista della cultura di matrice africana: che – senza manierismi, in modo invece vissuto, interno a quella cultura – porta per lo più Bixiga 70 a collegarsi creativamente a musiche che sono, direttamente o indirettamente, legate al continente nero: oltre che ovviamente alla Musica Popolare Brasiliana, Bixiga 70 guarda alle tradizioni afrobrasiliane, al samba, al jazz, al funk, e a diversi filoni della musica africana moderna, fra cui afrobeat e ethio-jazz.
Ma il debito nei confronti dell’Africa e di quello che ha prodotto nelle Americhe non è soltanto strettamente musicale, ma appunto più ampiamente di cultura: e, con in copertina il disegno di tre statuette tradizionali africane, fa effetto che i musicisti dedichino l’album ai loro “antenati”. Con una sezione di fiati, tastiere, chitarre, basso, batteria e percussioni, il materiale è interpretato con grande verve e convinte uscite solistiche, sulla base di una elaborazione collettiva dei brani, che sono stati registrati in presa diretta nello studio della band a São Paulo. Rispetto all’album precedente mancano forse dei pezzi che si impongano prepotentemente all’attenzione per una speciale incisività o originalità, ma Bixiga 70 mantiene sempre un gran piglio, un bel respiro orchestrale, e – anche sulla scorta di due dei generi privilegiati di rifermento, l’afrobeat e l’ethio jazz – una corroborante inclinazione all’epicità.