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Bannon fa il saluto nazista, ma Meloni fa finta di non vederlo

Bannon

Il saluto nazista di Steve Bannon è un chiaro messaggio: “noi possiamo fare quello che vogliamo”. E’ uno spostare l’asticella un po’ più in là. E’ un gesto che contribuisce ad alimentare lo shock su cui Trump sta basando la sua strategia di azione, creando un clima di sconcerto che disorienta e annichilisce gli avversari. Qualcuno reagisce e il francese Jordan Bardella ha lasciato la convention repubblicana rinunciando al suo intervento. Bardella è il leader del partito di estrema destra dei Le Pen, Rassemblement Nazionale, e potrebbe essere il prossimo candidato della destra radicale all’Eliseo. In questo caso prevale probabilmente una componente nazionalista, con la Francia in una posizione antagonista rispetto agli Stati Uniti trumpiani. Una postura che non è certo quella italiana. E che non è sicuramente quella del governo italiano. Meloni ancora sogna di fare la pontiera tra Europa e Stati Uniti, figuriamoci se rinuncia a parlare al congresso dei trumpiani, magari rischiando un ban di Donald. Il presidente degli Stati Uniti in un mese alla Casa Bianca ha dimostrato di non farsi problemi a passare sopra a chiunque.
E poi c’è la questione ideologica. Steve Bannon, che in Italia è di casa, è uno che studia e ammira personaggi come Julius Evola, il filosofo nazifascista su cui si è alimentato il neofascismo italiano e che fu un punto di riferimento filosofico a Colle Oppio, la fucina politica della giovane Giorgia.
Negli ultimi anni Meloni ha cercato a fatica di costruirsi una immagine nuova. Poi si ritrova un vecchio punto di riferimento come Bannon che fa il saluto nazista e fa dire al suo inviato alla convention: “non mi pare che abbia fatto il saluto nazista”. Del resto lo stesso Bannon l’aveva avvisata subito dopo l’elezione di Trump: “non ci serve che Meloni faccia da ponte con l’Europa, torni casomai alle sue vecchie posizioni”.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Violenza stradale, numeri un po' in calo. Il rimedio: l’educazione e diminuire la velocità

    L’Istat ha pubblicato i report sugli scontri stradali, su base regionale (relativi al 2024) e anche alcuni dati sui primi sei mesi di quest’anno. Ci sono meno feriti e meno vittime sulle strade, anche se i numeri restano ancora drammaticamente elevati. Secondo l’Istituto di Statistica nel primo semestre del 2025 i morti sono stati 1310 (si parla di morti per scontri stradali se il decesso avviene entro 30 giorni dall’evento, quindi sono escluse le persone che muoiono, nonostante la causa siano le conseguenze dello scontro, oltre quel limite temporale) contro i 1406 dello stesso periodo dell’anno precedente. I feriti sono stati 111090, anche in questo caso in calo rispetto al 2024, quando erano stati 112428. Gli obiettivi europei sulla sicurezza stradale prevedono il dimezzamento del numero di vittime e feriti gravi entro il 2030 rispetto all’anno di riferimento, che è il 2019. In Italia al momento registriamo una diminuzione del 4,5% (in Lombardia del 12,6). Bisogna ancora fare molto per riuscire a raggiungere l’obiettivo. Uno degli aspetti fondamentali, oltre la diminuzione della velocità, è l’incremento dell’educazione stradale. Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo, morto nel 2010 a causa di un omicidio stradale a Firenze ha fondato l’associazione Lorenzo Guarnieri, che da anni si impegna a portare avanti un discorso di educazione. Alessandro Braga lo ha intervistato nella trasmissione Tutto Scorre.

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    Nubi sull'università italiana: si moltiplicano le adesioni alle università private telematiche, mentre alle statali il governo Meloni taglia i fondi. Ospite l'economista Gianfranco Viesti. E poi, il caso Raiplay Sound, la censura nei confronti di un podcast – prima autorizzato e poi annullato - sulla storia di Margherita Cagol, una delle fondatrici delle Brigate rosse. A Pubblica Nicola Attadio, uno degli autori insieme al giornalista Paolo Morando e al musicista Matteo Portelli.

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