Usare i bambini in operazioni militari è un crimine di guerra. Usarli per compiere azioni kamikaze contro civili è doppiamente criminale. Nel mondo, secondo i dati dell’Onu, ci sono 300mila bambini soldato, principalmente in Africa, Asia e America centrale e del Sud.
Il terrorista che ha colpito a Gaziantep, in Turchia, contro una festa di matrimonio di una famiglia curda, secondo le immagini delle videocamere di sorveglianza e le riprese video amatoriali, risulta essere un bambino di 12 anni, accompagnato sul luogo dell’attentato da due adulti, che si sono allontanati velocemente. Assassini senza scrupoli reclutano bambini, gli fanno un lavaggio del cervello, li addestrano, li armano e li mandano a morire e a uccidere. A Gaziantep sono morti in 54, trenta dei quali erano minorenni.
Domenica scorsa a Kirkuk, la polizia curdo-irachena ha fermato un ragazzo di 12 anni, che indossava una maglia di una squadra di calcio col nome di Messi; sotto aveva una cintura esplosiva. E’ stato bloccato, neutralizzato e salvato. Soltanto il caso ha evitato che avvenisse un’altra strage di innocenti.
I jihadisti hanno praticato questo tipo di odioso crimine in Afghanistan, Pakistan, Algeria, Iraq, Siria e adesso in Turchia. Il manuale del giovane jihadista del Fronte al Nusra, lo teorizza senza vergogna: “Usate i bambini per compiere attacchi dolorosi, perché il nemico non sospetta di loro”.
Nel 2007, in Pakistan, a Gazni, un bambino di sei anni è stato imbottito di tritolo e mandato a farsi esplodere contro i soldati. Il detonatore era nella sua mano. I suoi vili mandanti gli avevano detto che era un gioco. Ma lui ha capito tutto e si è consegnato piangendo: “Non voglio morire!”.
Un altro caso simile, questa volta in Palestina: un bambino di undici anni con cintura esplosiva e uno zainetto imbottito di esplosivo sulle spalle viene intercettato dal posto di blocco israeliano al confine di Gaza. E’ stato salvato e il video del robot, che lo ha disarmato e salvato, ha fatto il giro del mondo. Era il 2007 e da allora nessuna azione kamkaze è stata compiuta in Palestina.
A Raqqa, in Siria, nella scuola dei giovani kamikaze vengono addestrati migliaia di minorenni, a partire dalla tenera età. Vengono sottoposti a un lavaggio del cervello a base di Sure del Corano, interpretate a piacere dai falsi teologi salafiti, armati di Kalashnikov più alti di loro e cinture esplosive e addestrati con la promessa del paradiso. Tra di loro ci sono molti bambini di altre fedi e minoranze, rapiti nelle città e villaggi conquistati. Ha girato il mondo l’immagine del bambino con la pistola che uccideva con un colpo in testa, nel 2013, un ostaggio occidentale.
Sui social network sono apparse, alla fine del 2014, le scioccanti foto dell’attentatore suicida più giovane del sedicente Califfato: Abu Hassan Ashami, jihadista siriano che, a meno di 14 anni, alla guida di un camion, si era fatto esplodere nella provincia irachena di Salahuddin, uccidendo decine di civili.
Leila Zerrougui, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i minori nei conflitti armati, ha pronunciato davanti al Consiglio di sicurezza, lo scorso gennaio, le sue preoccupazioni sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti : “Da gennaio 2014 in Iraq almeno 700 bambini sono stati uccisi o mutilati, vittime anche di esecuzioni sommarie. Perché Daesh non si fa scrupolo di addestrare, utilizzare e uccidere anche i bambini, reclutati dai predicatori e attirati dal martirio che la Jihad offre. Sono profondamente preoccupata – ha aggiunto la giurista algerina – per le notizie secondo cui Daesh ha colpito le minoranze, tra cui bambini e donne, nelle aree sotto il suo controllo in Iraq e Siria. I jihadisti hanno incaricato ragazzini di appena 13 anni di usare armi, controllare luoghi strategici o arrestare civili. Altri sono usati come attentatori suicidi”.
Una deriva criminale che, allo stesso tempo, segna la disumanità di questi terroristi e la grave crisi in cui versano militarmente, per le continue sconfitte subite sul campo di battaglia. Il ricorso a donne e bambini per compiere azioni terroristiche è indice di mancanza di reclute tra gli adulti. E’ l’inizio della loro fine.