“Lo Stato non ci ha aiutato perché lucra sul gioco d’azzardo. Ma noi siamo riusciti lo stesso a liberare il nostro Comune dalle slot machine. Abbiamo fatto prima un referendum nel 2015, lo abbiamo vinto, e poi abbiamo messo a punto un regolamento che di fatto libera Anacapri dalle macchinette. Siamo felici di essere il primo Comune slot free”.
A parlare con noi è il sindaco di Anacapri, Francesco Cerrotta. “Mi stanno chiamando tanti sindaci per capire come abbiamo fatto, le nostre procedure. Sono molto contento”.
Ascolta qui l’intervista al sindaco
Il caso di Anacapri segna una nuova vittoria del fronte No Slot, ma la situazione in Italia resta ancora molto pesante.
Il 2016 potrebbe essere un anno importante sul fronte del contrasto all’azzardo. Entro il 30 aprile dovrebbe essere convocata la Conferenza Stato-Regioni-Enti locali per intervenire sulla riorganizzazione e la distribuzione territoriale dei “punti di gioco” per dare più garanzie ai cittadini in tema di sicurezza, ordine e salute pubblica. Sarà un’occasione importante, ma l’esito non è affatto scontato. Oggi l’Italia ha un parco slot impressionante: 340mila macchinette, 52mila videolottery.
Marco Dotti, è docente di Comunicazione all’Università di Pavia. Fa parte della redazione del mensile Vita. Ha studiato a fondo il fenomeno dell’azzardo, su cui ha scritto alcuni libri, tra cui No slot. Anatomia dell’azzardo di massa.
Qual è il giro di affari che ruota intorno alle slot machine?
“Il business dell’azzardo legale muove 84 miliardi di euro, il 5 per cento del Pil. Il fatturato è in crescita e le stime per l’anno appena concluso – i dati verranno resi noti tra marzo e aprile dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – prevedono un aumento di 3 miliardi rispetto al 2014”.
Quindi un mercato che non conosce crisi?
“Sì, anzi cresce proporzionalmente alla crisi. Dentro questo spaventoso giro d’affari, il machine gambling, l’azzardo tramite macchinette, si divora 47 miliardi di euro. Le lotterie istantanee e i Gratta&Vinci – giusto per fare un confronto – muovono 9 miliardi”.
Come è presente in questo giro la criminalità, le mafie?
“Dove c’è il formaggio, c’è il topo. Dove c’è denaro, tantissimo denaro, c’è anche la criminalità. Insisto su questo anche perché una delle retoriche più fuorvianti, soprattutto al Senato, vorrebbe indurci a leggere il fenomeno, in questi termini: più offerta di gioco legale, significa meno offerta illegale”.
Cosa non la convince in queste parole?
“La criminalità è, ormai, extra e infra-legale. Sa cogliere tutte le opportunità che il mercato legale dell’azzardo di massa le offre sia in termini di riciclaggio, sia in termini di movimenti di valuta su mercati off shore – ricordiamo che quasi tutti i Concessionari di Stato sono castelli di carta con sede estera e terminazioni finanziarie in qualche ‘bel fondo’ lussemburghese – sia in termini di controllo del territorio”.
Ci sono documenti che analizzano questo fenomeno?
“Per capire il pericolo basta leggere il documento titolato Analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo del Comitato di Sicurezza finanziaria del ministero dell’Economia: ‘L’interesse delle mafie verso il settore dei giochi non riguarda esclusivamente il gioco illegale ma si estende in modo significativo anche al perimetro delle attività legali di gioco’.”.
Come definire il ruolo dello Stato sino a oggi sul tema dell’azzardo?
“Lo Stato ha organizzato questa bisca totale, tradendo dei princìpi della nostra Costituzione, a partire da quelli sulla tutela della dignità e della salute dei cittadini, fino a quelli sulla progressività delle imposte”.
In che modo lo ha fatto?
“Introducendo sempre nuove tipologie di gioco e una normativa barocca creata al solo fine di impedire qualsiasi intervento regolativo serio e drastico sul settore. La gestione della bisca, però, è sfuggita di mano ed è oggi in balia di privatissimi interessi”.
E quindi dove sta il problema principale?
“La madre di tutti i problemi sta in un emendamento del 2003, quando una modifica al Testo unico delle Leggi di Pubblica sicurezza (Tulps) aprì il mercato alle macchinette, definendo le slot machine come ‘apparecchi atti al gioco lecito’ dove l’abilità del giocatore prevarrebbe sul caso”.
Invece…
“Le slot machine sono invece carcasse di metallo che hanno al loro interno una scheda e quella scheda è un software, in sostanza sono programmate per quello che negli Stati Uniti chiamano predatory gambling, e per creare dipendenza. Se qualcuno volesse davvero intervenire sul problema non avrebbe che da proporre una modifica molto semplice all’articolo 110 del Tulps, riportandolo al suo stadio originale. Oggi l’Italia ha un parco slotimpressionante: 340 mila slot machine e 52 mila videolottery. Insomma, 400mila macchine operative sul fronte dell’azzardo e della predazione di massa”.
Parliamo del conflitto di interessi dello Stato.
“Nel 2014 l’Erario ha incassato 8 miliardi di euro. Al netto sono 6 ma, tornando al dato di bilancio, dalle slot machine l’Erario ricava il 54 per cento di quanto incassa. Ovvio che lo Stato non voglia seriamente affrontare il problema…”.
Si ha un’idea di quante persone sono malate di questo gioco?
“Secondo il ministero della Salute pochissime: 12.376. Il riferimento, è al numero delle cartelle cliniche, dei ‘soggetti in trattamento’. In questo modo però si confonde un problema sociale con la sua mappatura attraverso le cartelle cliniche. In mancanza di una ricerca epidemiologica seria, ricordo che secondo il Rapporto Eurispes 2009 in Italia il gioco d’azzardo coinvolge fino al 70-80 per cento della popolazione adulta (circa 30 milioni di persone). La stima dei giocatori d’azzardo ‘patologici’ varierebbe da 302.000 a 1.329.000 italiani adulti”.
Funziona l’Osservatorio per il contrasto della diffusione dell’azzardo istituito dal ministero della Salute nel 2015 ?
“Non funziona, ma soprattutto è l’ennesimo poltronificio per discutere di tutto e di nulla. Andrebbe abolito, renderemmo un servizio alla comunità”.
Quanti sono i bar slot free, liberi alle macchinette?
“Una stima ufficiale non c’è. Possiamo però dire che dove sono stati messi in campo incentivi fiscali circa il 2 per cento dei bar diventa slot free. Dove, oltre a questi incentivi, si sente forte il consenso sociale, microsociale, di quartiere e di prossimità, la percentuale sale su scala nazionale al 12 per cento. Non è poco, considerato che siamo solo all’inizio”.
Cosa stanno facendo Regioni e Comuni?
“Molto. Hanno capito – penso al comune di Milano – che il problema non è ‘affare dei servizi sociali’, ma di ordine pubblico, di salute, di tutela della comunità e non solo di cura dei giocatori patologici. I sindaci e le Regioni – in particolare Liguria e Lombardia – hanno allargato il campo e con regolamenti e ordinanze hanno cominciato a intervenire limitando orari e accessi, istituendo distanze dai luoghi sensibili, arrivando anche a bloccare l’apertura di nuove sale slot. Tutto questo ha dato fastidio e continuerà a dare fastidio. I vari tentativi di legare le mani ai sindaci sono sotto gli occhi di tutti. Segno che hanno agito bene”.
Cosa occorrerebbe fare da subito secondo lei per affrontare la questione delle slot?
“Espellerle da tutti i luoghi di prossimità, vietare l’accesso ai minori (l’accesso, non solo il gioco) in ogni luogo dove si vende azzardo, imporre limiti orari e di distanza dai luoghi sensibili sanzionati dal ritiro della licenza. Soprattutto: dare più poteri ai sindaci e modificare l’articolo 101 del Tulps di cui ho parlato in precedenza. Più accentriamo le decisioni, più queste decisioni sono facilmente dirottabili su binari morti”.