Tra pochi giorni sarà l’8 Marzo, la Giornata Internazionale delle Donne, occasione di discussione e confronto su un tema importantissimo, quello di genere, dalle molteplici declinazioni e risvolti che toccano il nostro quotidiano e hanno a che vedere con tutte e tutti noi: dalla politica, alla cultura, fino al linguaggio. Sì, perché la lingua è consapevolezza, è messaggio, è determinazione dell’esistenza di concetti e persone: perciò non deve stupirci se una delle battaglie di genere più sentite in questo periodo è quella della legittimazione della declinazione delle professioni al femminile.
Avvocato, medico, ingegnere, architetto: sono solo alcune delle professioni che fino a qualche anno fa erano esclusivamente appannaggio maschile, e che quindi ci suonano stridenti nella propria (legittima, nonché grammaticalmente ineccepibile) declinazione al femminile. Avvocata, medica, ingegnera, architetta: il fatto che “non si sia mai detto così” non è una buona ragione per impedire alla lingua di evolvere e introdurre nella consuetudine scritta e parlata termini professionali al femminile, che si aggiungono ai già assodati maestra, infermiera, attrice, madre, casalinga, impiegata, che però non ci stupiscono, in quanto mestieri femminili radicati nell’uso e nella consuetudine.
Citando l’architetta genovese Marta Rebora, che recentemente ha chiesto e ottenuto all’Ordine di Architettura di Genova di validare la scelta del timbro professionale anche nella dicitura al femminile, “A molti potrà sembrare una cosa piccola, ma non lo è. La lingua è uno strumento della nostra cultura, e le parole identificano e collocano le cose, ne sanciscono la propria esistenza. Per me è importante la libertà di scelta, le mie colleghe genovesi adesso potranno scegliere se usare il femminile o il maschile”. La lingua perciò è autodeterminazione, la lingua è politica, l’uso che se ne fa è politico: anche per questo, perché la declinazione al femminile in un nome di professione non toglie né aggiunge valore a ciò che si è, ma invece lo determina e carica di significato, l’8 Marzo rivendichiamo il diritto di definirci e determinarci per ciò che siamo.
Foto | Marta Rebora, l’architetta genovese che recentemente ha chiesto e ottenuto all’Ordine di Architettura di Genova di validare la scelta del timbro professionale anche nella dicitura al femminile