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- Tratto dal podcast Politica |
Andrea Di Stefano, direttore della rivista Valori, commenta ai microfoni di Prisma gli ultimi sviluppi sulla vicenda di Autostrade Per l’Italia dopo il passo indietro della famiglia Benetton e l’ingresso di Cassa Depositi e Prestiti in Aspi col 51%.
Da un certo punto di vista è un passaggio storico, perchè significa di fatto un ritorno della infrastruttura autostradale nel controllo dello Stato. Cassa Depositi e Prestiti è a tutti gli effetti una società controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ci sarà poi da ragionare quanto ci è costata questa cattiva scelta di privatizzazione, perché è evidente che molta sofferenza e molti problemi potevano essere evitati con un uguale risultato dal punto di vista dell’incasso che era preventivato a suo tempo con le privatizzazioni e con minori danni. La soluzione trovata mi sembra un equilibrio molto sostenibile e non si provoca il fallimento di Atlantia che, ovviamente, avrebbe avuto ripercussioni gravi anche dal punto di vista della reputazione internazionale e ci sarebbero danni anche per i piccoli risparmiatori che sono sottoscrittori a tutti gli effetti di bond e obbligazioni di Atlantia. E allo stesso tempo non si lascia neanche l’infrastruttura nelle mani dei Benetton, che hanno dimostrato non solo di non aver fatto gli investimenti, ma anche di avere estratto tutto il profitto possibile in questi anni: in meno di 10 anni Atlantia ha distribuito 11 miliardi di dividendi, è stata una bella gallina dalle uova d’oro a spese dell’infrastruttura stessa e della sicurezza delle persone che hanno utilizzato la rete autostradale pagandola profumatamente.
Perché i Benetton hanno accettato?
Io credo che non avessero molta scelta. La vicenda Autostrade è un po’ il suggello di un fallimento imprenditoriale, se così possiamo dire, perché mentre la famiglia Benetton fa i conti col disastro Autostrade, di cui è sommamente se non esclusivamente responsabile, stanno anche facendo i conti con la crisi del gruppo tessile. Le loro avventure delle posizioni di rendita non sono state fortunate. Alla fine la gestione troppo miope e troppo conservativa e la volontà di far entrare solo risorse finanziarie dalla gestione di questi beni ha dimostrato l’ennesimo fallimento dell’imprenditoria italiana.
Col nuovo assetto societario e l’ingresso di Cassa Depositi e Prestiti, chi prenderà le decisioni strategiche e industriali?
Se l’assetto rimarrà stabile, è evidente che Cassa Depositi e Prestiti assumerà le caratteristiche di una holding pubblica che gestisce infrastrutture pubbliche. Si sta riconfigurando una struttura di controllo pubblico di una parte del sistema economico e soprattutto dei cosiddetti monopoli naturali che è quasi inevitabile. Bisogna sottolineare che in altri Paesi, salvo l’Inghilterra che ha vissuto dinamiche ugualmente negative, questi monopoli naturali non erano mai stati completamente sottratti al controllo dello Stato. Erano rimasti direttamente o indirettamente nelle mani di organismi sotto controllo pubblico. La nostra esperienza è stata sicuramente un’esperienza anticipatrice e negativa. Il controllo della Cdp vuol dire un controllo sostanzialmente pubblico e speriamo che sia un controllo stabile a medio-lungo, perchè non sempre il controllo pubblico è stato foriero di cose negative sia dal punto di vista economico che dal punto di vista finanziario.
(Potete ascoltare l’intervista a partire dal minuto 60)