“Le persone stanno cercando di superare l’esperienza scioccante che hanno vissuto; soprattutto quelli che sono rimasti feriti gravemente, stiamo cercando di salvare loro la vita. È stato fatto anche un appello nazionale per le donazioni di sangue. La situazione è ancora molto incerta e stiamo aspettando che le autorità ci dicano chi sono questi assassini e che facciano tutto il possibile per arrestarli”.
A parlare è Osai Ojigho, direttrice di Amnesty International Nigeria, avvocatessa ed esperta di diritti umani. Con lei abbiamo parlato dell’attacco armato che domenica ha sconvolto la Chiesa di St. Francis nella città di Owo e del clima di violenza che interessa il più popoloso stato africano. Da anni la Nigeria combatte con la piaga delle bande armate, la cui violenza ha matrici diverse (religiosa, politica, sociale) e che spadroneggiano su tutto il territorio,
Tra le sfide che ci troviamo di fronte c’è l’incapacità delle autorità di investigare e perseguire con successo quelli che infrangono la legge. Perché quando qualcuno commette un crimine e non viene punito, questo porta all’impunità. Le comunità pensano di non poter fare altro che cavarsela da sole. In questo momento, ci sono diversi gruppi armati nel Paese. C’è, ovviamente, Boko Haram, poi c’è l’ISWAP, un gruppo d’insurrezione islamico nell’Ovest dell’Africa. Stiamo assistendo a un aumento di gruppi armati sponsorizzati dallo Stato, come nel Sud del Paese, dove abbiamo gli “Amotekun”, o gli OPC, anche loro nel Sud-ovest. E ci sono anche le gang della criminalità organizzata che si approfittano dell’instabilità e dell’insicurezza date dall’impunità. La maggior parte degli attacchi a cui assistiamo vengono di solito attribuiti a “uomini armati non identificati”, un termine che è utilizzato spesso quando si parla di sparatorie in Nigeria. Questa cosa è preoccupante ed il fatto che le autorità permettano a questa situazione di perdurare è una vera mancanza di rispetto per il diritto alla vita.
L’azione di questi gruppi armati ha causato la morte di quasi 3.000 persone nei primi tre mesi del 2022, secondo dati diffusi dal Nigeria Security Tracker. Tuttavia, l’obiettivo di molte bande non è l’uccisione, ma il rapimento con la richiesta di riscatto: da gennaio a marzo sono state quasi 2.000 le persone prese in ostaggio. Tra quelli più noti, c’è forse il sequestro, avvenuto nel 2014, di 276 studentesse da parte del gruppo jihadista Boko Haram. Dopo 7 anni 109 di queste ragazze risultano ancora scomparse. Osai Ojigho ci ha spiegato:
Non si sa chi siano le persone che hanno attaccato la Chiesa di Owo o cosa volessero, ma dai racconti dei sopravvissuti è emerso chiaramente che volessero rapire qualcuno. In Nigeria, le persone vengono rapite per poi chiedere un riscatto, quindi trovare fondi per finanziare attività criminali. Le vittime di questi attacchi sono diverse: in quello di Owo, per esempio, l’obiettivo era la Chiesa di San Francesco perché è la più vecchia della città e lì si trovavano sia persone ricche che povere. Volevano rapire i preti, sapendo che la Chiesa avrebbe avuto interesse nel riaverli indietro. Il motivo per cui la maggior parte dei casi che avvengono nel Paese rimangono irrisolti è perché non vengono coinvolti i politici. Di solito sono le persone comuni, povere o della classe media, che devono convivere con questo problema. La realtà è che i politici, in particolare i funzionari, hanno la scorta armata. Quindi il fatto che venga rapita una persona piuttosto che un’altra dipende dalla relativa disponibilità di armi che ha e non necessariamente dal suo ruolo. Di recente alcuni attacchi si sono focalizzati su persone senza risorse economiche ma le cui comunità raccoglieranno soldi per liberarle.
L’intervista a Osai Ojigho è stata condotta da Eleonora Panseri. Potete riascoltarla nella puntata di Esteri del 7 giugno 2022.
Foto di OtuNwachinemere