
Nella cinquina dei film in lingua straniera, gareggia per gli Oscar “Il seme del fico sacro” di Mohammad Rasoulof, un film politico, prezioso, già premiato dalla giuria del Festival di Cannes e in uscita domani nelle sale italiane.
Il regista iraniano era arrivato al Festival di Cannes dopo essere scappato di nascosto dal suo paese, dove era stato condannato a otto anni di carcere per i contenuti anti-regime sempre presenti nel suo cinema. All’inizio di maggio si era rifugiato in Germania per poter partecipare al Festival con questo suo film di denuncia. Prima del suo arrivo sulla scintillante Croisette, girava la voce che Rasoulof stava affrontando un lungo viaggio pericoloso accompagnato da una guida che lo avrebbe aiutato ad attraversare le montagne e a varcare il confine a piedi.
Il suo film, girato mesi prima in clandestinità, sfida ogni censura con la storia di un giudice del regime e delle sue figlie attiviste nel movimento contro le repressioni sulle donne ‘Donna, Vita, Libertà’. Con uno stile che sfocia nel thriller Rasoulof è bravissimo nel mostrare l’atrocità politica e religiosa all’interno di una famiglia. Utilizzando in certi momenti le immagini postate durante le manifestazioni e abbandonando coraggiosamente il suo tipico stile allegorico anti-censura.
Rasoulof ha dichiarato che l’idea per “Il seme del fico sacro” gli è venuta quando scoppiò la rivolta delle donne ed era recluso nel carcere di Evin. “Un funzionario del carcere mi confessò la sua rabbia per la complicità con un regime repressivo che i suoi figli combattevano”. Il problema, secondo Rasoulof, non è fare il regista in Iran. Ma è scegliere di rimanere se stessi sotto una dittatura.
“Il seme del fico sacro” di Mohammad Rasoulof rappresenta una voce libera per tutti gli iraniani e le donne iraniane che hanno subito la censura e la violenza del regime.