Un poeta e artista palestinese è stato condannato a morte in Arabia Saudita “per aver rinunciato all’Islam”.
Asharf Fayadh, presente con le sue opere anche alla Biennale di Venezia, ha trenta giorni per fare appello contro la sentenza. L’artista non ha avuto rappresentanza legale durante il processo.
Fayadh ha 35 anni ed è parte dell’organizzazione Edge of Arabia. Nel maggio del 2014 era stato condannato a quattro anni di prigione e 800 frustate da un tribunale di Abha, nel sud-ovest del Paese. Dopo il suo appello, e un nuovo processo, l’artista è stato condannato a morte.
Una campagna per la liberazione di Fayadh è in corso da mesi. Secondo i suoi sostenitori, è stato arrestato per aver postato online un video girato nella città di Abha che mostra un uomo frustato in pubblico dalla mutaween, la polizia religiosa. Ad aggravare ulteriormente la sua situazione, ci sarebbe anche il fatto che Fayadh è palestinese, se pure nato in Arabia Saudita, oggetto quindi di discriminazione e persecuzione.
L’artista è stato arrestato una prima volta nell’agosto 2013, per aver bestemmiato contro Allah e il profeta Maometto e pubblicato poesie che promuovono l’ateismo. Dopo essere stato liberato su cauzione, è tornato in prigione e gli sono stati confiscati i documenti – ciò che ha determinato l’assenza di un avvocato difensore nell’ultimo processo.
Fayadh si è giustificato dicendo che la sua opera “riguarda il suo essere un rifugiato palestinese… e una serie di questioni culturali e filosofiche. Ma gli estremisti religiosi l’hanno dipinta come distruttiva contro Dio”. L’accusa ufficiale nei suoi confronti è di condotta blasfema, promozione dell’ateismo tra i giovani e relazioni illecite con diverse donne.
Durante il processo, l’artista ha negato l’accusa di blasfemia e detto di essere “un musulmano credente”. Fayadh ha anche dovuto giustificare la presenza di foto di donne sul suo cellulare. “Sono delle colleghe artiste, e le foto sono state fatte durante la settimana dell’arte di Jeddah”.
L’Arabia Saudita è da tempo al centro delle proteste della comunità internazionale per le violazioni dei diritti umani e civili. Tra gli episodi che hanno suscitato più indignazione, la condanna e le frustate pubbliche per Raif Badawi, un blogger laico, e la condanna a morte per Ali al-Nimr, che ha condotto proteste pubbliche prima dei 18 anni.