Come era prevedibile, la Lega, Fratelli d’Italia e la destra in genere esultano per la nomina di un generale al posto di Arcuri. È un riflesso pavloviano, i postfascisti e i fascisti si eccitano sempre quando vedono le divise e le stellette.
Noi a sinistra siamo più pragmatici: basta che funzioni, come diceva il titolo di un film di Woody Allen. In questa emergenza sanitaria è in gioco la vita delle persone e se un generale esperto di logistica può aiutare a uscirne va benissimo, non sentiamo per questo odore di golpe.
Semmai le preoccupazioni sono altre.
Primo, qui la scommessa è quella finale, se non ce la si fa così – con tutto il dispiegamento possibile di soldati, caserme, e Protezione civile – non ce la si fa più, non c’è un piano successivo. Quindi deve andar bene, dobbiamo davvero vedere la luce in fondo al tunnel a maggio-giugno, come ha detto ai nostri microfoni Fabrizio Pregliasco.
Secondo, essere generali di per sé non è un problema, ma nemmeno una garanzia di successo; l’entusiasmo con cui la destra ha accolto questa nomina è tutto ideologico, emotivo, o demagogico. Noi invece saremmo semplicemente contenti, com’è ovvio, se gli oltre 20 miliardi usati ogni anno dallo Stato per le spese militari acquistassero finalmente un senso.
Terzo, forse Salvini e Meloni non se ne sono accorti, ma le scelte di Draghi tagliano fuori tutti i partiti, quindi anche loro, comprese le giunte regionali di destra come quella lombarda, che ha dato e continua a dare un pessimo spettacolo di falsi annunci e ritardi spaventosi. E, francamente, se Fontana, Moratti e Bertolaso non fossero più in condizioni di fare danni, grazie all’esercito e alla protezione civile, i primi a esultare, qui in Lombardia, saremmo noi, tutti noi, compresi gli elettori del centro destra.
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