Ha vinto Matteo Renzi, certo, nelle manovre di Palazzo è il più abile di tutti e oggi si può permettere di sfottere Giuseppe Conte, dicendo «ha giocato male, si vede che non è un politico». Ha vinto Renzi ma la formula che ne è uscita è quella coniata da Berlusconi, “governo dei migliori”, una formula non nuovissima in verità, c’era già nella Grecia antica e si chiamava aristocrazia, tutto il potere ai migliori appunto.
E con Draghi si sta già scaldando a bordo campo tutta l’aristocrazia italiana, il solito Cottarelli che poi proviene dal Fondo Monetario internazionale, Fabio Panetta che invece arriva dall’esecutivo Bce, Vittorio Colao, una vita da amministratore delegato da Rcs a Vodafone, Roberto Cingolani che è un fisico rinomato ma anche un alto dirigente di Leonardo, il colosso italiano degli armamenti – e così via.Insomma più che un governo istituzionale sembra profilarsi un governo super tecnico, quindi con un nuovo smottamento della politica, una politica che non è più realizzazione di una visione o almeno di un’idea, di un programma, ma è solo gestione manageriale, utilizzo di vere o presunte capacità tecniche, appunto, per affrontare il presente e infilarlo in un foglio Excel.
Auguri naturalmente all’aristocrazia che con Draghi da oggi entra nei palazzi del potere: abbiamo tutti bisogno che affronti la pandemia e la catastrofe sociale in corso. Se però guardiamo un po’ più da lontano la situazione, se ci emancipiamo un attimo dall’emergenza, ci accorgiamo che il loro ingresso a Palazzo Chigi ha una colonna sonora un po’ lugubre, un po’ angosciante, e speriamo che non sia una marcia funebre per la democrazia. Che è appunto, fin dall’antica Grecia, il contrario di aristocrazia, non governo dei migliori ma del popolo, di tutte e tutti.
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