Proseguiamo con la terza artista della settimana del 2021 a Radio Popolare: per sette giorni nelle nostre trasmissioni daremo particolare spazio a una o un musicista, a un gruppo o un progetto musicale. E la domenica, dalle 16 alle 16.30, ascolterete uno speciale di approfondimento sulla protagonista della nostra scelta: che infatti anche questa settimana è una donna.
«Perché rendiamo così difficili le cose più semplici?»: si chiede Arlo Parks (qui il sito ufficiale) in una delle canzoni del suo album d’esordio, Collapsed in sunbeams. Una domanda che sicuramente in molti ci siamo posti in tante occasioni ma…che sicuramente non sorge spontanea nell’ascolto di questo disco della giovane cantautrice britannica. Che di semplicità, della migliore semplicità possibile, vive.
Arlo Parks è Anaïs Oluwatoyin Estelle Marinho, nata a Londra nel 2000, ha nella sua famiglia radici che arrivano dalla Nigeria, dal Chad e dalla Francia. Fin da adolescente ha cercato di trovare la propria espressione artistica nell’unione tra poesia e musica, scrivendo testi e componendo musiche che potessero accompagnarli. Già nel 2018, con il singolo “Cola”, aveva richiamato l’attenzione degli addetti ai lavori in UK, un’attenzione che si è confermata ed è poi esplosa con la successiva pubblicazione di due EP.
E’ stata così nominata dalla BBC come promessa dell’anno, si è ritrovata sulla copertina del New Musical Express, è stata inserita da Michelle Obama in una playlist delle sue canzoni preferite, è stata lodata da sue illustri colleghe come Billie Eilish e Phoebe Bridgers…insomma, in breve tempo il suo nome, ancor prima che venisse pubblicato questo album (arrivato la settimana scorsa), era già molto conosciuto.
Ma perché? Il desiderio di scoprire la “next big thing”, la nuova promessa, è sempre molto forte negli appassionati di musica, e ancora di più in tutti quelli che con la musica ci lavorano, che siano giornalisti, discografici o promoter. E spesso e volentieri nel costruire i nuovi personaggi, nel pomparli e proporli al grande pubblico, il rischio è di snaturare un giovane talento, portandolo in direzioni innaturali, bruciandolo, caricandolo di responsabilità.
Per Arlo Parks si può coltivare la speranza che questo non accada: torniamo al tema della semplicità, dell’immediatezza intima, della freschezza sincera che traspaiono dalle canzoni di questo primo album (alcune delle quali sono quelle che le hanno fatto guadagnare, nei mesi scorsi, già un bel po’ di successo). I testi sono una parte importante della storia di questa ventenne: derivano infatti da un diario che Arlo Parks tiene da quando ha 13 anni, sono pezzi di cronaca della vita di una giovane ragazza, che raccontano con misura, grazia, pensieri, vicende, emozioni. Il titolo del suo album racconta di una delle sue ispirazioni ed è tratto da una frase del libro di Zadie Smith “Sulla bellezza”.
Ad accompagnare queste parole, un impasto sonoro che parte dal soul per incrociare il pop, con qualche venatura di funk e di hip-hop: non ci sono grandi produzioni, suoni che richiamino l’attenzione su qualcosa che non sia sostanziale, vero, umano. E nello stesso modo la voce di Arlo Parks non eccede in virtuosismi, come purtroppo invece accade spesso in particolare tra le più giovani esponenti del soul contemporaneo: basta il timbro nitido, caldo, preciso di questa giovane cantante.
Non è un disco perfetto, come nessun esordio forse dovrebbe esserlo: ma è un album che riconcilia con l’idea che si possa fare musica, e avere successo, anche senza essere un personaggio, anche senza volersi imporre per qualcosa che non siano parole e note.
La ascolterete in questi giorni nelle trasmissioni di Radio Popolare: iniziate però subito a innamorarvi della sua musica con una delle prime canzoni che l’ha fatta conoscere al grande pubblico, “Black Dog”.
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