Nel 24° anniversario della strage di Capaci vi riproponiamo lo speciale a cura di Valentina Redaelli andato in onda nel 2015 per il ciclo di trasmissioni “Tempi supplementari”.
“Ma che ci misero? La bomba atomica ci misero?”. Questa era l’impressione che faceva il cratere sull’autostrada a Capaci, dopo l’attentatuni che uccise Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre degli uomini della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Altri quattro agenti si salvarono. Era un sabato pomeriggio, il 23 maggio.
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Così il giornale radio di Popolare Network diede la notizia e così l’inviata di Radio Popolare Antonella Mascali raccontava da Palermo il dolore e la rabbia di quei giorni…
gr radio popolare 1992 falcone
Sono passati ventiquattro anni, di processi e di misteri. Dal 2008 c’è una sentenza di condanna definitiva per i mandanti e gli esecutori della strage di Capaci. Ma, sempre nello stesso anno, le rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza hanno clamorosamente fatto riaprire le indagini e portato a un secondo processo denominato “Capaci Bis”, non ancora concluso.
Perché, 24 anni dopo, non sappiamo ancora tutta la verità? Perché Giovanni Falcone e poi, 56 giorni dopo, Paolo Borsellino, furono uccisi? Arriveremo mai alla verità storica, se non a quella giudiziaria?
Proviamo a cercare qualche risposta, tornando soprattutto allo scenario, anche politico, di allora, attraverso quello che sappiamo – e non sappiamo ancora– oggi. Lo facciamo con l’aiuto dell’ex giudice Giuseppe di Lello, collega di Falcone e Borsellino nel pool antimafia; del vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Claudio Fava. E infine con Enrico Deaglio, il giornalista che da più di trent’anni studia Cosa Nostra e i suoi intrecci con il potere.
Giovanni Falcone aveva capito, già un anno prima della sua morte, che la Mafia era pronta a fare la guerra, a fargli la guerra. Lo disse pubblicamente in un’intervista a Rai1.
L’anno successivo si aprì, a gennaio, con la storica sentenza di condanna definitiva per i 500 mafiosi imputati nel maxiprocesso, che era stato istruito alla metà degli anni Ottanta proprio dal pool antimafia della procura di Palermo. Le indagini di Falcone e Borsellino avevano quasi azzerato la Cupola di Cosa Nostra.
A febbraio, a Milano, scoppiò Tangentopoli, l’epicentro di un lungo terremoto nazionale. I referenti politici di Cosa Nostra perdevano potere, non potevano più garantire per lei. Occorreva trovarne altri. In questo contesto la Mafia siciliana avviò la stagione delle stragi nel biennio 92-93.
Quando capì il giudice Falcone di essere un condannato a morte? Giuseppe di Lello, ha lavorato con lui nel pool antimafia della Procura di Palermo…
Cosa ci resta ancora da scoprire, 24 anni dopo? E’ la prima domanda che abbiamo rivolto a Claudio Fava, deputato, vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia e figlio del giornalista Pippo Fava, ucciso da Cosa Nostra nel 1984….
“Non mi stupirei se oggi la Mafia tornasse a uccidere”, ci ha detto il vicepresidente della Commissione antimafia Claudio Fava. Quasi come se tutti questi anni fossero passati inutilmente.
Enrico Deaglio questi anni li ha messi sotto una lente di ingrandimento, li ha continuamente rimessi in questione, nelle sue inchieste, nei suoi libri: Raccolto Rosso, Patria, Il vile agguato, Indagine sul Ventennio. Con Deaglio, siamo ripartiti dall’inizio: perché Giovanni Falcone era considerato il nemico numero uno della Mafia? Che cosa aveva scoperto per la prima volta con le sue inchieste?
Ascolta qui la versione integrale dello speciale dedicato all’anniversario della strage di Capaci, andato in onda il 22 maggio 2015