Posta nell’Oceano Indiano a circa 670 chilometri ad est del Madagascar e a circa 170 chilometri a sudovest dell’isola di Mauritius, l’isola della Réunion costituisce un dipartimento d’oltremare della Francia. All’anagrafe Anne-Gaëlle Hoarau, Ann O’aro è nata nel 1990 nella località di Tan Rouge, nel comune di Saint-Paul, il secondo per grandezza della Réunion, nell’arrondissement più occidentale dell’isola. Ann O’aro ha imparato fin da bambina a suonare il pianoforte, l’organo e il flauto e a ballare. Una volta terminate le scuole ha lasciato la Réunion e ha passato quattro anni a Parigi e nel Quebec. Poi è tornata a Tan Rouge e oltre a continuare a fare musica ha cominciato a scrivere in creolo della Réunion poesie a carattere autobiografico, nel solco del fonnkèr, la poesia – orale nella tradizione – che alla Réunion è destinata a dare espressione alle emozioni, ai sentimenti, agli stati d’animo più importanti: il termine deriva dal francese “fond du coeur”, “profondo del cuore”. Il fonnkèr è stato impiegato anche da alcuni cantanti reunionesi, in testa Danyèl Waro, che dagli anni settanta è stato responsabile del grande rilancio – e poi anche della popolarizzazione in Francia – del maloya, uno dei filoni fondamentali della musica popolare reunionese, nato come musica basata essenzialmente sulle percussioni e il canto e destinata al culto degli antenati dagli schiavi arrivati dall’Africa e dal Madagascar, e che è stata poi probabilmente influenzata anche dalle musiche degli indiani portati alla Réunion in condizioni di lavoro forzato o servile. Nel corso del Novecento il maloya rischiò di sparire perché fino agli anni sessanta proibito dai francesi per le valenze anticoloniali e protestatarie che aveva assunto, e a salvarlo dall’estinzione fu il Partito Comunista della Réunion: la prima esibizione pubblica di un interprete di maloya fu quella di Firmin Viry in occasione della fondazione del partito, nel ‘59. Viry è stato l’artista che ha tenuto acceso il fuoco del maloya: nel ‘70 il giovane Waro, ignaro del maloya, rimase folgorato da un concerto di Viry, e Viry divenne il suo mentore. Poi il maloya è diventato un elemento cruciale nella definizione di una nuova identità reunionese: nel 2009 è stato iscritto nella lista dei patrimoni immateriali dell’umanità dell’Unesco. Ann O’aro viene dal maloya, ed ha avuto occasione anche di esibirsi in apertura dei concerti di Waro: ma Bleu, il suo terzo album, pubblicato quest’anno dalla francese Buda, conferma una ricerca quanto mai personale. Con tratti folk ma sofisticatamente contemporanea, e spesso rarefatta, la musica è piena di pathos e di carattere, di sensibilità melodica e di atmosfere estremamente originali, piuttosto dark; cruciale per il risultato, oltre all’eleganza di vocalist e di pianista di O’aro, è l’intelligenza del trombone di Teddy Doris, in un essenziale quartetto completato dalle percussioni di Bino Waro e dalle macchine di Brice Nauroy. Non si tratta affatto di un album identificabile come maloya – che affiora a volte in forme non ovvie – e musicalmente non è particolarmente associabile alla Réunion: del maloya Ann O’aro pare avere fatto tesoro soprattutto nel temperamento che mette nella musica, e in un’idea di musica che deve esprimere e non semplicemente intrattenere. Più che il maloya c’è invece la lezione del fonnkèr: i testi di Ann O’aro – per lo più in creolo reunionese – sono tutt’altro che banali, e si capisce che per lei scrivere è stato un lavoro di elaborazione molto serio, per superare un vissuto pesante, di abusi durante l’infanzia da parte del padre, poi suicidatosi quando lei aveva quindici anni.
Ann O’aro: la voce del fonnkèr e la musica della Réunion
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Autore articolo
Marcello Lorrai