Urge grandezza, non mania di grandezza, urge fantasia. Parola di Alessandro Bergonzoni, una delle tante che l’attore inanella in ogni sua performance. Giochi di parole, insiemi, cascate di lemmi che formano pensiero, ragione, senso. Testi che lui aspetta, “tanto lo so che prima o poi arriveranno”, dice. Per travolgere chi guarda e ascolta nel tentativo di mettere insieme tutto e di tornare a casa, quando si riesce a tornare a casa, più ricchi.
Urge il film è l’adattamento cinematografico, diretto da Riccardo Rodolfi, dello spettacolo omonimo nato nel 2010. Più di duecento repliche in tutta Italia, più qualche sconfinamento in Svizzera, Germania e Spagna. L’ultimo di una trilogia, cominciata con Predisporsi al micidiale e continuata con Nel e Urge, dedicata alla realtà con una forma artistica decisamente distante da quella mediatica. Senza modificare il testo, che in effetti già allora anticipava molto e quindi pare attuale, la forma cinematografica di Urge cattura da vicino l’espressione, è ripresa da cinque cineprese e sta addosso a Bergonzoni per rivelare la fonte di quel fiume in piena.
Essenzialmente voce e pensiero, parla di altro e di oltre, cerca vastità e si apre all’incommensurabile. E sul perché trasformare in un film uno spettacolo di successo, risponde con un affascinante funambolismo sintetizzabile così: è più facile uscire di casa per 8 euro in qualsiasi orario della giornata, che per 25 euro in un orario fissato. Che poi è la differenza pratica e venale che passa tra il cinema e il teatro. E che però è sempre meglio della televisione vista dal divano.
Questo e altro Alessandro Bergonzoni lo ha raccontato nella nostra conversazione.
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