Nel nord-Europa, ma anche in tanti paesi mediterranei, le bande di fiati e ottoni rappresentano piccoli arcipelaghi di socialità nei villaggi o nelle periferie, luoghi spesso privi di grandi occasioni per esprimersi artisticamente, sia pure a livello amatoriale. L’ultimo lavoro che il coreografo e danzatore fiammingo Alain Platel ha firmato con Frank Van Laecke, insieme al compositore Steven Prenghels, vuole appunto rendere affettuosamente omaggio a questo fenomeno sociale antico e consolidato.
Nel 2012, il museo Huis van Alijn della città Gent ha ospitato una mostra sulla tradizione bandistica fiamminga dal medesimo titolo, En avant, marche!. Con lo stesso titolo, Platel e Van Laecke hanno ideato lo spettacolo che debutta in Italia, al VIE Modena Festival il 24 e 25 ottobre, dopo il successo internazionale di Gardenia nel 2010. Il microcosmo bandistico è rappresentato come una società separata, con divertenti norme specifiche, fondate su un presupposto irrinunciabile: marciare in un’unica direzione mantenendo la rotta e suonando nello stesso tempo.
Una metafora trasparente della società, un gioco che può funzionare solo se si condivide con gli altri la propria identità, per poi riappropriarsene con maggiore consapevolezza. Un percorso a volte complicato, pieno di ostacoli e anche di scontri, da risolvere anche a suon di fanfara.
Uno spettacolo eminentemente fisico, che in ogni località dove viene allestito, vede la partecipazione di una banda locale, insieme al cast fisso. Nell’intervista che ha concesso a Cult, Alain Platel racconta i dettagli di questa avventura allegra e travolgente, in cui ha cercato di trasferire alcune delle sue più profonde convinzioni esistenziali.