E’ iniziato il processo alla Corte penale internazionale dell’Aja per la distruzione nel 2012 dei tesori culturali di Timbuktu, la città del Mali patrimonio mondiale dell’Unesco.
Sul banco degli imputati c’è un tuareg, Ahmad Al Faqi Al Mahdi, alias Abu Tourab, catturato in Niger, consegnato nel settembre dello scorso anno alla Cpi e accusato di crimini di guerra. Ha già confessato e ha dichiarato di essersi pentito. La Corte certamente ne terrà conto.
Formalmente è accusato di essere stato alla guida di una “brigata” del gruppo Ansar Dine, legato ad al-Qaeda nel Maghreb islamico per gli attacchi, tra il 30 giugno e l’11 luglio 2012, contro edifici storici della tradizione religiosa locale. In particolare è sotto accusa per la distruzione di nove mausolei e della moschea Sidi Yahia.
Per il procuratore capo Fatou Nesouda si tratta di un processo per un “assalto spietato contro la dignità e l’identità di intere popolazioni e contro la loro storia e religione”.
La distruzione dei mausolei di Timbuktu venne paragonata all’abbattimento delle grandi statue di Budda da parte dei Talebani in Afghanistan, e alla distruzione di Palmira, la splendida città archeologica siriana.
Quello della distruzione della storia è una costante delle formazioni jihadiste, ma più in generale delle organizzazioni che predicano – ed esigono – una religione che in realtà non è il risultato di una forma di spiritualità, ma il tentativo di cancellare totalmente la cultura e le radici delle popolazioni e dei territori conquistati. E’ una costante storica che si ritrova in tutte le forme di conquista.
I mausolei nel Nord del Mali non hanno nulla di artistico, non sono capolavori dell’arte. Ma visti nella cultura locale e in un territorio come il deserto acquistano una forza e un valore inestimabile. L’obiettivo degli jihadisti era quello.
E per questo motivo il processo all’Aja è importante: è la prima volta che alla Corte arriva un accusato per crimini culturali.