
Nicola Zingaretti aveva chiesto di modificare i decreti Sicurezza e Immigrazione subito dopo le elezioni regionali per dimostrare il cambio di passo del governo e alla fine, Conte e i ministri del Movimento 5 Stelle hanno accettato di farlo.
Segno del maggior peso del PD nelle scelte dell’esecutivo. Ma se Luigi Di Maio ha accettato di cambiare i decreti, la cui sostanza politica il Ministro degli Esteri aveva rivendicato anche nel momento della nascita del secondo Governo Conte, non è solo a causa della debolezza del Movimento 5 Stelle.
La ragione risiede anche nel fatto che, in questo momento, dicono i sondaggi, dopo gli anni dell’ossessione, l’immigrazione ha perso il primo posto tra i pensieri e le paure degli italiani, sostituita dal COVID-19 e dalla crisi economica.
In fondo anche gli ultimi, deludenti risultati elettorali di Matteo Salvini, sembrano sancire questa tendenza. In passato il leader leghista era stato tanto efficace nell’alimentare e cogliere i frutti elettorali della paura dello straniero, ma poi, nel nuovo momento politico, si è dimostrato, per ora, poco incisivo.
Così, se da una parte, con questa revisione dei decreti, Zingaretti può lanciare messaggi rassicuranti al suo popolo, dall’altra, Di Maio, se li può lasciare alle spalle, sapendo che ora, dopo la rottura con la Casaleggio, sia meglio puntare sulla stabilità di governo piuttosto che su posizioni intransigenti sull’immigrazione.
Sarà sulla gestione della pandemia, ma soprattutto sull’efficacia delle politiche per uscire dalla crisi economica, che si giocheranno i destini elettorali dei prossimi anni.
La maggioranza dovrebbe rimanere blindata fino al 2023, ma il momento decisivo per sapere se il vento cambierà nel paese sarà il 2021. Se Conte e Zingaretti sbaglieranno nei prossimi 12-15 mesi sul fronte dell’economia daranno la possibilità a Salvini, o comunque alla destra, di veleggiare verso Palazzo Chigi.